Picasso e i suoi amici si incontravano soprattutto di sera, nelle trattorie a basso prezzo di Montmartre, da Vernin o da Azon, i cui padroni continuavano a far credito agli artisti per non perdere tutto. “E il lavoro, come va?”, chiedeva immancabilmente qualcuno. “Mah…”, rispondeva insoddisfatto il pittore ventitreenne, in tuta blu da stagnaio, espadrillas ai piedi e capelli al vento. “Ah! Ah!”, ridacchiava grassamente Apollinaire, mentre la compagna Marie Laurencin lanciava il suo tipico acuto detto “grido del Grande Lama”. Matisse, solenne e profondo, diceva “sì” o “no” a seconda dei momenti, l’importante era intavolare discussioni. Derain approvava, dall’alto dei suoi due metri. Braque preferiva mantenersi sul vago, “Forse che sì, forse che no”; tutto il contrario di Van Dongen, che si dava alle dimostrazioni pratiche esibendo i disegni fatti al Moulin Rouge; o di Max Jacob, pronto a leggere qualche riga dai suoi fogli spiegazzati. Continue reading
Picasso e i suoi amici