Melò, memoir, teatro, cinema, musica, poesia: ne “La vergine eterna“ il giapponese settantaseienne premio Nobel per la letteratura nel 1994, Kenzaburo Oe, non si (ci) fa mancare nulla. Dopo mezzo secolo di carriera letteraria e opere come Un’esperienza personale, Insegnaci a superare la nostra pazzia, Il grido silenzioso etc, Oe può permettersi un romanzo ricco, denso, qualche volta un po’ macchinoso, che si apre con l’immagine dello scrittore ormai anziano in compagnia dello sfortunato figlio Hikari (menomato mentalmente dalla nascita, entrato più volte nei suoi libri).
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