Nel suo saggio “Reduce dall’amore e dalla morte” (Interlinea 2009), Giuseppe Zaccaria rilegge in modo attento e nuovo l’opera di Gozzano, tanto da indurre a riaccostarsi ad una poesia che si rivela molto attuale e affine al sentire dell’uomo contemporaneo.
Il libro si apre con un inedito accostamento tra Gozzano e Pirandello, condotto sul filo dell’umorismo, cui lo scrittore siciliano dedicò un famoso saggio del 1908.
“D’ordinario, nell’artista, nel momento della concezione, la riflessione si nasconde, resta, per così dire, invisibile: è quasi per l’artista una forma del sentimento.” afferma Pirandello. Nelle opere umoristiche, al contrario, egli sostiene, la riflessione non si nasconde, ma si pone decisamente di fronte al sentimento, in una contrapposizione antagonista, che “viene a turbare, a interrompere il momento spontaneo che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa.”
L’ironia di Gozzano sarebbe dunque quel “sentimento del contrario” di cui parla Pirandello: il poeta si propone infatti di tenere aperta una conflittualità permanente che mette in luce le contraddizioni dell’esistenza. Nella sua opera è inoltre presente un “sentirsi vivere”, un ritrovarsi al di fuori dello spazio e del tempo, con una sensazione di vuoto. Come Pirandello, Gozzano denuncia gli effetti di aridità che la riflessione esercita sul sentimento, avverte il non senso dell’esistenza. La letteratura non può non mettere quindi in discussione, rovesciando nel suo opposto ogni forma di certezza. Spesso l’autore cerca nella poesia “la favola bella”, il sogno, l’evasione dal presente, ma sente che al fondo si tratta di un inganno, di una menzogna.
L’intertestualità e l’intratestualità, il recupero di versi di autori passati e di propri versi di altre famose poesie, si presentano frequentemente nell’opera di Gozzano come “un gioco”, un artificio letterario, sempre accostati ad un’ironia, che decreta il sentire autonomo dell’artista.
Ne “La via del rifugio” e nei “Colloqui” il poeta dichiara “amo solo le rose che non colsi“, immagina di poter provare amore solo per donne del passato o per fanciulle semplici come “la Signorina Felicita” , ma in realtà rivela con un sorriso la propria incapacità di amare e il suo sentirsi sempre alle soglie della morte “la Signora vestita di Nulla”.
“Le farfalle” sono il tentativo di Gozzano di ritrovare nelle leggi della Natura l’avvio ad un’opera di più alto sentire. La conclusione tuttavia è il riproporsi di un senso del mistero che domina l’universo e la convinzione che la Natura come l’uomo tenda allo Spirito, al pensiero, all’Intelligenza, all’Anima, “un fluido strano”.
Giuseppe Zaccaria ha il pregio di esporre concetti complessi in modo chiaro e in una forma scorrevole che rende appassionante la lettura del saggio, in appendice al quale si trovano scritti inediti di Gozzano e un manifesto poetico e polemico di Amalia Guglielminetti. Originali sono molti spunti del saggio , che presenta un’accuratissima documentazione e offre una lettura nuova in chiave post-moderna del poeta canavesano.
Giuseppe Zaccaria è nato a Nole Canavese (Torino) il 27 aprile 1947. Nel 1972 si è laureato in Letteratura italiana presso l’Università di Torino con punti 110/110 lode e dignità di stampa, discutendo con Marziano Guglielminetti e Giorgio Barberi Squarotti una tesi su La narrativa di Roberto Sacchetti. Per la tesi di laurea ha avuto nel 1973 il premio Bonavera. Attualmente ricopre la Cattedra di Letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia nell’Università degli Studi del Piemonte Orientale.
Autore: Giuseppe Zaccaria
Titolo: Reduce dall’amore e dalla morte. Un Gozzano alle soglie del postmoderno
Editore: Interlinea
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 20 euro
Pagine: 205