“Together we are invincible. L’uomo che affittò un teatro per amore” (Edizioni Nuova Cultura, 2009) è una pièce teatrale di buona fattura, capace di regalarci uno spaccato attento e limpido di ciò che significa essere giovani oggi, in un mondo che scorre via sempre più rapidamente tra social network, rapporti virtuali e incomunicabilità globale.
Il giovane autore Andrea Careri, già curatore della raccolta “Rac-corti. Mini storie per chi va di fretta“, edita da Perrone Lab, si è reso disponibile per un’intervista. Ecco cosa ne è venuto fuori.
Subito, per iniziare, una domanda di ambientamento. Che cosa l’ha portata, dopo il successo ottenuto dalle due edizioni dei “Rac-corti“, a scrivere una pièce teatrale come “Together we are invincible. L’uomo che affittò un teatro per amore“?
“In realtà, avevo già scritto una cosa per il teatro a dodici anni, e un paio di commedie al liceo. Together è frutto di una ventina di stesure, ma è una storia che ho scritto di getto perché ce l’avevo dentro, la sentivo nel senso etimologico del termine. Sono felice di aver avuto la possibilità di una pubblicazione e, soprattutto, sono rimasto stupito dal successo che sta avendo il libro.”
Come accennato dal sottotitolo, la storia di “Together we are invincible” sembra ruotare intorno alla figura di un innamorato lasciato dal proprio amore. Costui, invece di abbandonarsi alle cure di uno psicologo, decide di mettere in scena un monologo attraverso il quale, con l’aiuto del pubblico e non solo, cerca di analizzare da capo la propria relazione sentimentale. È forse un tentativo di riproporre, anche se solo in parte, l’idea aristotelica di rappresentazione scenica come catarsi dai propri mali o è, semplicemente, un modo stravagante di rielaborare il lutto d’un amore perduto?
“Ogni racconto è un tentativo di avvicinarsi alla morte, di sfiorarla e di farsene un’idea, perciò ogni racconto, anche il più strampalato e bizzarro, come nel caso di Together, è una catarsi. L’ho scritto per esorcizzare una delle più grosse paure che avevo, quella della fine di una storia, dell’abbandono. Ho iniziato a scrivere romanzi quando una ragazza della quale mi ero invaghito al liceo mi ha lasciato per sms. Ci sono rimasto malissimo, per me quel dolore è stata una piccola anticipazione della morte. Forse sono cose che si possono capire solo quando si è adolescenti, quando ancora si ha l’illusione che esista “un per sempre”, qualcosa di eterno nelle relazioni umane. Sono partito da questa idea di base e ho scritto il libro.”
Ciò che salta all’occhio dalla lettura attenta della sua piece, sollevando il velo dell’ironia con cui descrive stralci di realtà quotidiana, è questa sorta di critica nemmeno troppo severa alla cultura medio-bassa alimentata dai nuovi mass media quali la televisione e tutta quella schiera di social network che ormai spopolano in rete. Può spiegarci meglio cosa pensa a tal riguardo e come, scrivendo, si è posto nei confronti di queste nuove realtà?
“Volevo ironizzare sull’ansia di apparire, sulla necessità di raccontare al mondo e di esibire pacchianamente la propria privacy. I social network e il Grande Fratello hanno successo perché hanno colto un desiderio comune e condiviso, oltre che, almeno per quanto mi riguarda, condivisibile. Io scrivo e in un certo modo condivido le mie emozioni con un pubblico. Per questo non giudico chi lo fa dentro o davanti ad uno schermo. La mia era una constatazione ironica di questo fenomeno sempre più dilagante. Ma non voglio giudicare nessuno, anche perché ho sempre avuto un profondo rispetto per la cultura popolare.”
Come in ogni intervista, è d’obbligo la domanda relativa ai modelli cui lo scrittore si ispira. La sua opera teatrale oscilla, a mio giudizio, tra un “teatro dell’assurdo” di stampo francese, visto anche il doppio o triplo finale, e un richiamo, quasi un’eco, al teatro tradizionale, attraverso la creazione di stereotipi quali il personaggio del “Critico in sala” o della “Ragazza moralista”. Sono andato troppo oltre con l’analisi, oppure, in fin dei conti, è davvero così?
“Hai detto una cosa giustissima. Sì, è esattamente così. Le maschere della commedia all’italiana, le macchiette, secondo me fanno parte del nostro humus culturale, e funzionano sempre con un pubblico eterogeneo, non necessariamente popolare. Del resto, questo è anche uno dei motivi per cui un certo cinema e una certa tv continuano a sortire il consenso di massa e a far ridere la gente comune. Per quanto riguarda il teatro dell’assurdo di stampo francese, fu Boris Vian il primo a mettere un uomo di spalle – come il protagonista del mio libro – a teatro, a Parigi nel 1973. Together cita Beckett, Ionesco, Vian ma anche la commedia dell’arte e un certo cinema comico recente. Insomma, cose apparentemente inconciliabili che stranamente, pur non rispettando nessuna regola, funzionano. Non credo che possa essere del tutto classificabile e questo mi rende orgoglioso.”
Per concludere con un ultimo riferimento al testo, se dovesse riassumere il messaggio ultimo di “Together we are invincible“, cosa si sentirebbe di dire, oltre a quanto già detto?
“La fine di un amore è il primo assaggio della morte: questa commedia esorcizza questo trauma, l’abbandono, e dà speranza. Inoltre fa ridere, a teatro è stato un successo e speriamo che continui ad andare in scena.”
Infine, la domanda di rito sui suoi prossimi progetti. Dopo le due edizioni dei “Rac-corti” e questo esordio teatrale, a cosa sta lavorando in questo momento? Ha qualche nuova idea da realizzare nell’imminente futuro?
!Spero che qualcuno si accorga del valore e della potenzialità di Together e che ne nasca un film. Sto scrivendo un nuovo libro/spettacolo, un finto monologo come nel caso di Together, solo che stavolta sarà una tragedia, e si chiamerà L’ultima ora. Ho scritto un romanzo, La banda degli adolescenti interrotti, un pulp comico grottesco stile Ammaniti, dove per la prima volta compare un personaggio che ho creato per un fumetto: Irwin Ponte, detective nato a Nuova California- estrema periferia romana vicino a Tor San Lorenzo – che scimmiottando gli americani indaga su casi assurdi accompagnato dal suo assistente alcolizzato Tito che parla solamente spagnolo e dalle visioni del padre morto che lo aiuta a trovare la giusta strada per risolvere i casi.
Il libro di Andrea Careri “Together we are invincible. L’uomo che affittò un teatro per amore” è acquistabile in tutte le librerie Arion di Roma oppure su internet (ibs.it, libreriauniversitaria.it).
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