“La scienza assoluta dello spazio“ – suggestivo fin dal titolo – è lo scritto di János Bolyai del 1831, oggi pubblicato dalla casa editrice Melquiades a cura del prof. Renato Pettoello. “Data una qualsiasi retta r ed un punto P non appartenente ad essa, è possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta r data“.
Tutti ricordiamo il quinto postulato di Euclide studiato a scuola (anche se quella appena enunciata non è la sua forma originale, ma quella dell’assioma di Playfair). Alla dimostrazione del quinto postulato, detto anche “problema delle parallele”, Bolyai dedicò gran parte della sua vita (come già aveva fatto il padre Farkas, anch’egli brillante matematico). Fino ad arrivare alla seguente conclusione: il quinto postulato non è né vero né falso, anzi, esso è superfluo per la costruzione della geometria. Ancor di più: una geometria che voglia assumerlo (pur senza dimostrarlo) si configurerà come caso particolare di una geometria più generale che ne faccia a meno: e si tratterà della geometria “euclidea” affianco all’amplissimo ambito delle geometrie “non euclidee”.
Tuttavia, arrivarci fu tutt’altro che semplice. Già suo padre, che si era occupato a lungo e intensamente di questo problema, aveva messo in guardia János dal dedicarvisi: “non devi affrontare le parallele per questa via, conosco questa via fino al suo termine. Anch’io ho misurato questa notte senza fondo; ogni luce. Ogni gioia della mia vita vi si sono spente. Per l’amor di Dio, ti prego, lascia in pace la dottrina delle parallele! Devi starne alla larga, come da una cattiva compagnia; essa ti può togliere ogni tranquillità, la salute, la quiete e ogni gioia di vivere. Le parallele si sono portate via il fiore della mia vita e del mio tempo. È un’autentica malattia, una specie di follia“.
Questo libro ci mette di fronte alla tragedia che può annidarsi in ogni lavoro dell’intelletto; ci rivela la soggettività che intride la ricerca scientifica – e della più lucida, razionale, immateriale delle scienze: la matematica. La scienza si mostra d’un tratto per ciò che è veramente: non un placido e meccanico dipanare la matassa del problema della realtà, bensì un coacervo di raziocino, emozioni personali e circostanze di fatto che concorrono a decidere se un certo individuo si dedicherà o meno alla scienza, quali domande si porrà e come deciderà di rispondervi.
Ciò che è ancora più chiaro nel caso seguente (tratto anch’esso dall’esauriente Introduzione di Pettoello). Gauss, che ricevette nel 1832 una copia del testo latino, rimase molto sorpreso, perché esso conteneva delle idee che egli aveva già da tempo elaborate, ma che non aveva reso pubbliche per “timore delle strida dei beoti”. Insomma, è il timore a decidere che Gauss, uno dei più celebri studiosi dell’800, non pubblichi i risultati delle sue ricerche su un problema di questa importanza. Gauss scrisse in seguito a Bolyai padre dicendo di non poter elogiare suo figlio perché ciò sarebbe equivalso ad elogiare se stesso (attribuendosi tuttavia così, indirettamente, gran parte del merito dell’idea). Da quel giorno János nutrirà per Gauss “un odio mortale“.
La desolazione di Farkas, il timore (e l’arroganza) di Gauss, l’odio e la tenacia di János: ecco i protagonisti di questo libro, definito dal primo traduttore inglese, G. B. Halsted, “le due dozzine di pagine più straordinarie dell’intera storia del pensiero“. Il testo di Bolyai richiede, com’è ovvio, una certa padronanza del formalismo della geometria. L’Appendix (questo è il titolo dell’originale latino), prima d’ora mai tradotta in italiano in volume, è stata dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità.
János Bolyai, nacque a Cluj-Napoca, nell’attuale Romania, nel 1802. Fu eccellente studioso di matematica, capitano del Regio Esercito Austriaco, virtuoso del violino ed abile spadaccino. Negli anni dell’esercito si dedicò al “problema delle parallele” (quinto postulato di Euclide) arrivando a fornire un contributo fondamentale alla nascita delle geometrie non euclidee. Lasciò l’esercito a soli 31 anni e proseguì in solitudine i suoi studi di matematica e geometria. Morì nel 1860, quasi in miseria, lasciando circa 20.000 pagine di appunti.
Renato Pettoello insegna Storia della filosofia contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano. Ha curato l’edizione italiana di alcuni scritti di Bernard Riemann: B. RIEMANN, Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria e altri scritti scientifici e filosofici (ed. Bollati Boringhieri, Torino 20082).
Autore: J. Bolyai
Titolo: La scienza assoluta dello spazio
Curatore: R. Pettoello
Editore: Melquiades
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 14 euro
Pagine: 70
Ho avuto modo di conoscere il professor Pettoello alla statale di Milano, e porto uno splendido ricordo di lui.