Riscoprire George Brassens attraverso una serie di pensieri è l’intento de “Le strade che non portano a Roma” (Coniglio, 2009). Un nobile intento perché il compianto artista francese esce fuori, attraverso queste “riflessioni e massime di un libertario”, come un uomo capace di comprendere la società contemporanea e consumistica osservando il proprio ombelico, scrutando una realtà al tempo stesso mononucleare ed universale.
Scrittore, poeta, attore e, soprattutto, cantautore – anche se questa parola è un neologismo italiano non amato dagli stessi artisti della nostra scena musicale (interessanti le motivazioni che espleta Francesco Guccini in Palasport, concerto… ed altre sciocchezze) – Brassens si definisce soprattutto “anarchico”: un’anarchia che è forma di resistenza, un qualcosa di “congenito”, il rifiuto di un pensiero di massa.
Non dimentichiamo che Brassens è il grande ispiratore di Fabrizio De Andrè: il “nostro” cantautore genovese non esitava mai di definirlo “maestro”, né durante le interviste, né quando, in un concerto, proponeva le sue personalissime traduzioni: Il gorilla (Le gorille), Morire per delle idee (Mourir pour des idees), Marcia nuziale (Marche nuptiale), Nell’acqua della chiara fontana (Dans l’eau de la claire fontaine). Un maestro nella musica e nella vita, in questo anarchismo sublimato dall’amore per la poesia, dalla ricerca di comprendere i substrati più umili della società, dall’esorcizzazione della morte.
Questo volume, diviso per sezioni che si intersecano comunque tra loro, a conti fatti racchiude stilettate polemiche ma anche pensieri surreali o momentanei, veloci ripiegamenti su se stesso, grida d’amore, giochi di parole, ironici mottetti. Il minimo comune denominatore, se vogliamo trovarlo, è un senso profondo di libertà. Una libertà che trionfa su ogni cosa: sull’ipocrisia, sulla critica sempre troppo banale, su una militanza politica che non capisce i reali messaggi dei suoi testi (successe anche in Italia con De André stesso e con Guccini).
Un gioco di specchi in cui il Brassens cantautore va a braccetto con il Brassens uomo, a volte scontrandosi, altre volte sovrapponendosi. Ed è un gioco interessantissimo.
Georges Brassens (Sète, 1921 – Saint-Gély-du-Fesc, 1981) cantautore, poeta, scrittore e attore. Non nascose mai i suoi ideali anarchici, attraversati da una vena satirica e anticonformista, né la sua insofferenza verso l’ipocrisia e le convenzioni sociali. Le sue canzoni sono state riproposte da numerosi cantanti. In Italia i suoi maggiori interpreti sono: Nanni Svampa, che lo ha tradotto in dialetto milanese, e Fabrizio De André, con Il gorilla (Le gorile), Morire per delle idee (Mourir pour des idées), Marcia nuziale (Marche nuptiale) e Nell’acqua della chiara fontana (Dans l’eau de la claire fontaine).
Autore: Georges Brassens
Titolo: Le strade che non portano a Roma
Editore: Coniglio
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 10 euro
Pagine: 96