Le eroine de “Il Capo delle Tempeste” (Guanda, 2009) sono tre ragazze russe, tre sorelle da parte di padre con un passato tutt’altro che spensierato. Il romanzo di Nina Berberova comincia con Daša: siamo in Russia, nel pieno della guerra civile scoppiata in seguito alla rivoluzione d’Ottobre, e la ragazzina ha appena perso la madre. Il padre, Tjagin, ha un’altra famiglia, e un’altra figlia, Sonja, che lo aspettano in Francia, dove porterà anche Daša.
Nel frattempo, viene informato che l’attrice Dumontel, con la quale aveva una relazione, prima di suicidarsi gli ha dato una figlia, Elizabeth, Zaj. Anche la più piccola andrà in Francia, la patria materna, e vivrà insieme alla sua nuova famiglia.
A questo punto le personalità delle tre sorelle cominciano ad avere contorni più netti. Daša è una ragazza assennata, che ha dentro di sé “un cielo stellato“, un’imperturbabile pace interiore e una benefica energia nelle mani. Sonja, di cui il lettore legge stralci del diario, sente di non avere un posto nel mondo e cerca un’armonia con esso. Zaj, che da piccola baciava i fiori del giardino, si considera un insetto tremante, piena di paure che non producono stasi, come in Sonja, ma curiosità e desiderio di crescere. Zaj frequenta per un periodo Jean-Guy, uno studente di medicina con l’hobby del teatro, che pure ama, ma che rappresenta per lei soprattutto la possibilità di liberarsi dalle sue paure. È giovane, Zaj, scrive poesie, recita insieme al suo amico, torna tardi la sera: di lei il lettore non può non apprezzare la genuinità del pensiero. Ha diciannove anni quando va a lavorare in una casa editrice, dove le si dischiude un mondo tutto nuovo che la conquista totalmente.
Questo affetto per la pagina scritta le si era rivelato, per la prima volta, durante il viaggio che dalla Russia la condusse in Francia, quando un viaggiatore con un piccolo libro spesso le regalò poi delle scarpe nuove. Daša a Parigi ha trovato un buon lavoro come segretaria di banca. Ha rinunciato a molte delle sue aspirazioni per il bene della famiglia, sposerà il suo principale con la consapevolezza rassicurante di aver fatto la cosa giusta, soprattutto per gli altri. Il suo cuore non conosce tormenti, ogni decisione le porta pace. Sonja, invece, viene considerata piuttosto una parassita, una che non si accorge che il padre è costretto a continuare a lavorare nonostante la sua età. La vita di Sonja è tutta interiore: legge, riflette, medita. Negli anni precedenti lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale abbandona i romanzi per privilegiare i giornali, i fatti, e ne assorbe i presagi nefasti. Consapevole dell'”antiarmonia” che la lega al mondo, trova una sintonia assoluta soltanto quando il presagio di distruzione bellica ormai si compie.
Il testo è pieno di riferimenti colti alla letteratura russa ottocentesca. Daša è quello che Dostoevskij definiva “l’apoteosi della donna russa” riferendosi a Tat’jana, l’eroina dell’Evgenij Onegin di Puškin. Come lei, Daša ha compreso che “la felicità non è soltanto nei piaceri dell’amore, ma in una superiore armonia dell’animo“. E il romanzo riprende la pièce di Čechov, Le tre sorelle e I fratelli Karamazov di Dostoevskij. I personaggi, emigrati russi a Parigi, sono complessi: le loro vite sono l’occasione per la scrittrice di tracciare un quadro della storia del Ventesimo secolo, dove Dio e le ideologie cominciano ad apparire distanti. Numerosi gli spunti di riflessione.
Nina Berberova (San Pietroburgo 1901 – Philadalphia 1993) esordisce come scrittrice di racconti. La sua poetica è incentrata sulla tematica dell’emigrazione, argomento che la riguarda da vicino avendo lasciato la Russia a 21 anni per stabilirsi, dopo un periodo di peregrinazione, a Parigi e, a 50 negli Stati Uniti. Il Capo delle Tempeste, scritto nel 1950, è il suo romanzo più intellettuale, pubblicato postumo per sua richiesta.
Autore: Nina Berberova
Titolo: Il Capo delle Tempeste
Editore: Guanda
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 16 euro
Pagine: 266