Lunatici e anticonformistici, stravaganti e coraggiosi, ma anche egocentrici e geniali: sono gli impressionisti. La loro storia viene raccontatain “Impressionisti. Biografia di un gruppo” (Laterza, 2009) di Sue Roe. Movimento nato a Parigi tra il 1860 e il 1870 si presentò al pubblico per la prima volta nel 1874 con una mostra di arti indipendenti, scatenando subito i rifiuti dal mondo dell’arte a causa del realismo integrale, affrontando direttamente la realtà indipendentemente da ogni precostituita poetica.
Si superarono così “il classico” ed “il romantico” e si iniziò una ricerca più moderna.
Le opere di questi artisti, non rispettavano nessuno dei canoni della tradizione: composizione, prospettiva, soggetti, tanto apprezzati dal pubblico e dai collezionisti che a quel tempo andavano riempiendo il Salon des Beaux-Arts di Parigi. Essi non si preoccupavano di raffigurare soggetti con intenti educativi o soggetti tanto voluti dall’alta borghesia: raffiguravano invece la quotidianità, la normalità.
Uno dei momenti fondamentali della loro riforma fu il bisogno di “ridefinire l’essenza e la finalità, in rapporto al nuovo strumento di ripresa meccanico della realtà“, frase detta da un critico osservando il quadro di Monet “Impression solei levant” e che gli impressionisti adottarono come segno di sfida verso il mondo dell’arte. Gli impressionisti non erano legati da nessun interesse ideologico o politico, ma condividevano alcuni punti riguardo la concezioni di arte come: l’avversione per l’arte accademica; un orientamento realista; la raffigurazione di paesaggi e nature morte;il rifiuto nel disporre ed illuminare i modelli, ritenendola una consuetudine di atelier; il lavoro en plein air; lo studio di ombre colorate ed il rapporto tra i colori complementari.
Essi si proponevano quindi di rendere nel modo più immediato con tecnica rapida e priva di ritocchi l’impressione luminosa dell’atmosfera data da pure note cromatiche, indipendentemente da ogni gradazione chiaroscurale, rifiutando l’uso del nero per rendere più scuri i colori in ombra, ed occupandosi esclusivamente della sensazione visiva, rifuggendo dalla poetica del motivo, dall’emozione e dalla commozione romantica.
Ed ecco allora geni dell’arte come Claude Monet: colui che aveva inventato un nuovo modo di dipingere l’acqua, con l’uso di colori brillanti, che sembravano scintillare e muoversi attraverso la tela. ( Le Ninfee, 1869). Egar Degas, dipingeva donne in posizioni del tutto comuni, intente alle loro abluzioni nella tinozza o ragazze durante gli esercizi di danza presso l’Operà di Parigi. ( Ballerine, 1869). Camille Pissarro e Alfred Sisley, i quali amavano dipingere paesaggi delicati, sentieri tortuosi o campi fioriti.( Autoritratto, 1903); ( L’inondazione a Port-Marly, 1876). Eduard Manet, il vate: colui che per un intero ventennio ispirò questi artisti e al quale dobbiamo dire grazie se oggi possiamo ammirare opere come “Déjeuner sur l’herbe” o “Olympia“. Tra di loro anche una donna, l’unica ad esporre alla mostra di arti indipendenti: Bethe Morisot, musa di Manet. Nella sua tavolozza prevale il bianco, talvolta arricchito da decise pennellate di colore intenso e vivace, che risalta sul fondo scuro e le permette di realizzare delicate opalescenze. (Marine, 1869).
Nel 1886 le loro opere vennero esposte per la prima volta a New York consacrandoli definitivamente come geni dell’arte.
Sue Roe, insegna scrittura creativa all’Università del Sussex, autrice di romanzi e poesie, ha curato il “Cambridge Companion to Virgina Wolf“.
Autore: Sue Roe
Titolo: Impressionisti. Biografia di un gruppo
Editore: Laterza
Anno Di Pubblicazione: 2009
Prezzo: 12,50 euro
Pagine: 506