La storia del nostro tempo è fatta di migliaia di fatti che si sovrappongono l’uno all’altro, una galassia di nomi, luoghi, conflitti ed eventi che compongono la nostra esistenza, ognuno riflesso in mille documenti e ricostruzioni. La storia dell’Apartheid fa parte di questa galassia, un episodio di razzismo istituzionalizzato e portato avanti per anni sotto gli occhi del mondo, finché il mondo non si è scosso e ne ha decretato la fine.
Simbolo e guida della liberazione è stato Nelson Mandela, un uomo come tanti chiamato dal destino a rappresentare il suo popolo agli occhi del mondo intero.
“Apartheid” di Erika De Pieri (Barbera, 2009) si inserisce in questa vicenda epocale come una dedica, un’opera che vuole trasmettere una visione personale di Mandela e della sua lotta contro l’oppressione. Leggere questo fumetto significa cibarsi della storia in modo diverso, cambiare ricetta e ingredienti che riempiono comunque lo stomaco ma regalano un gusto nuovo. Sacrificando inevitabilmente la completezza di un libro storico, la De Pieri riesce ad aggiungere un legante importantissimo come l’emotività. Mandela si inserisce nelle trame della storia dell’Apartheid con tutto il suo passato, le sue paure e le sue felicità, e riesce a farlo solo grazie alla sensibilità pittorica e narrativa dell’autrice.
Non è certo casuale l’utilizzo delle matite e degli acquerelli neri sbiaditi, tecniche che si accompagnano con naturalezza alle pieghe della storia intima di un personaggio storico. L’effetto che si ottiene è percepibile a colpo d’occhio, e ogni pagina esprime sentimenti ed emozioni nella misura in cui sono stati disegnati. Il passato, vago e nostalgico, si perde nei segni liquidi degli acquerelli, le ingiustizie e la rabbia si concentrano in tratti bruschi e schizzati. La varietà dello stile non è quindi ampia ma volutamente univoca, uno stile che corrisponde a una visione, quella dell’autrice.
Volendo si possono notare alcuni difetti nell’esecuzione, come la presenza di segni di bozza in matita sotto gli acquerelli, qualche errore di proporzione in certe figure e infine scelte stilistiche non immediatamente comprensibili, come l’utilizzo di matite tratteggiate, chiaroscuri e grigi stemperati nella stessa tavola. La presenza di queste sporcature non deve però trarre in inganno sul valore dell’opera. L’autrice è giovane e avrà tempo di affinare al propria arte, ma resta indubbia la sua capacità di esprimere col disegno e la scelta delle scene una storia profonda e complessa come quella dell’Apartheid. Erika De Pieri fa parte di quelle persone che riescono a raccontare qualcosa agli altri, e lo sa fare con sensibilità e sapienza.
Erika Pieri, tra le sue opere ricordiamo “La saponificatrice” e “Il mostro di Firenze” (Becco Giallo, 2005/07), la ricostruzione in immagini di due inquietanti casi della cronaca nera italiana, e infine “Il bambino senza corpo” (Nicola Pesce Editore, 2008). Molte anche le mostre dove ha esposto i suoi lavori di illustratrice, tra cui un work-painting per Yoko Ono.