Dalla parte dei padri: Gianni Biondillo

nelnomepadreMichele Ferraro, il poliziotto al centro di molti romanzi di Gianni Biondillo, questa volta lascia il posto a Luca, l’eroe “maltrattato” di “Nel nome del padre” (Guanda, 2009). Maltrattato da un anacronismo legislativo, che prevede, in caso di separazione dei genitori, che i figli vengano affidati al 99% alle madri. È questa una legge superata, risalente ad un periodo in cui il pater familias non cercava un rapporto affettivo con i figli, e i ruoli dei genitori erano fissati da stereotipi di genere.

Il lettore conosce Luca la vigilia di Natale. Emblematicamente, tutto quello che vuole è morire, sparandosi un colpo in gola, la tv accesa in sottofondo e bottiglie di liquore più vuote che piene. Gettato senza riguardo in questa scena desolata e squallida, il lettore viene subito invitato a non giudicare Luca, il suo stato pietoso, limitandosi a osservare, sperando che possa provare compassione, cioè condividere il suo dolore. La pistola non libererà il colpo: una voce di bambina interromperà il gesto disperato.

Dopo questo primo spiazzante capitolo, diversi flashback riportano il lettore indietro nel tempo, nel tentativo di capire come si è giunti a quella situazione. Luca fa un lavoro pericoloso, che lo tiene gran parte della giornata fuori casa. Quando torna, la moglie Sonia e la figlia Alice dormono profondamente. Il lettore percepisce che c’è qualcosa che non funziona, anche solo dal fatto che il pianoforte è sempre lucido nonostante più nessuno lo suoni. Si sente accusato per questo.

Dopo la separazione, di fronte alla sofferenza, Luca si assume davvero la responsabilità di essere padre: mentre prima considerava la figlia “un angelo”, adesso sente tutto il peso del non vederla crescere, di aver perso 6 mesi della sua vita senza aver potuto registrare un cambiamento, o aver potuto condividere un’esperienza con lei. E il dolore lo attanaglia. E si riverserà sul lettore. Lo stesso scrittore ha affermato, in occasione della presentazione del libro presso la libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte a Milano, che questo è stato un libro doloroso da scrivere, probabilmente è stato un’occasione per esorcizzare il vissuto di amici e parenti.

Pur rimanendo un romanzo, con una lingua letteraria, Biondillo ha svolto un attento lavoro di documentazione sociologica. A proposito di un celebre incipit tolstojano, le famiglie infelici vittime della separazione si assomigliano un po’ tutte. La rete testimonia il moltiplicarsi di movimenti di padri che rivendicano il loro ruolo genitoriale, con un forte desiderio di domesticità, di affettività, caratteristiche finora attribuite solo alle madri.

In casi di separazione, i figli sono quelli che soffrono di più e che sono meno capaci di esprimere il loro dolore. Alice lo fa con i silenzi: durante le liti dei genitori, finge che tutto vada bene.

Gianni Biondillo è architetto e scrittore, autore di testi per il cinema e la televisione, di articoli di temi artistico, letterario e politico, di saggi su Pasolini e Proust; è membro del blog collettivo Nazione Indiana. “Nel nome del padre” è il primo romanzo in Italia ad occuparsi del problema dei padri separati.

Autore: Gianni Biondillo
Titolo: Nel nome del padre
Editore: Guanda
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 14,50 euro
Pagine: 250