“Le mura della Malapaga” (Frilli, 2009) è l’opera d’esordio di Enzo Chiarini. Un libro arduo, a tratti faticoso, ostico, duro. Nel linguaggio e nei contenuti. Dove siamo? A Genova, e le Mura della Malapaga sono un tratto dell’antica cinta muraria che partendo dalla Porta del Molo Vecchio, raggiungeva il Casone della Malapaga. Questo era la prigione dei debitori inadempienti, da cui il nome della tratta muraria stessa.
Siamo nel centro della città vecchia, “nei quartieri dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi“, e gli abitanti sono, da sempre, malavitosi, puttane, assassini e delinquenti di ogni sorta.
Le mura di Malapaga sono diventate note ai non-genovesi negli anni ’60, grazie ad un omonimo film francese con Jean Gabin, girato proprio a Genova. Il film, che vale decisamente lo sforzo di trovarlo, è diretto da Renè Clement, e prese l’Oscar come miglior film straniero.
Il romanzo di Chiarini risente di queste influenze, l’anima antica e tutt’altro che gentile della Zena dei caruggi, il noir di stampo francese, di tanti film e libri divorati dagli adolescenti di alcuni decenni or sono. Su tutto ciò si innesta la cinematografia italo americana dei Coppola, Scorsese e DeNiro, in un romanzo di formazione che tanto ricorda Noodles ed i suoi amici in “C’era una volta in America” di Sergio Leone.
Il romanzo è ben scritto, scorre veloce, in particolare nelle scene d’azione, dove Chiarini taglia seccamente sul linguaggio seguendo un percorso che lo porta vicino alla scrittura cinematografica. Sicuramente nel procedere della trama la lingua si scioglie sempre più e nella seconda parte si rincorrono gli eventi, che si susseguono senza sosta. Fa bene Chiarini a ridurre gli spazi di riflessione – a volte troppo alieni all’ambiente grezzo e tagliente – ed a lasciare che sia la velocità della storia a condurre il romanzo.
Il protagonista è un adolescente, addirittura poco più che bambino all’inizio della storia, che sprofonda lentamente nelle sabbie mobili della violenza, spesso gratuita, e della malavita, sempre più corrotta e feroce. Si fa chiamare Vittò, ed il romanzo è costellato di nomi e nomignoli, come abitudine nel gergo delle bande, si va dal genovese al siciliano, dal sardo al napoletano, percorrendo un’Italia delle bettole e dei vicoli, dove il soprannome è ciò che esprime chi sei, non un nome dato da un padre spesso ignoto o perduto. Incontriamo così il suo mentore, Santo Denovo, Pino “Asso di Bastoni“, il capo mandamento, Sasà “quattru pili“, e così via con tutti gli altri complici di una vita criminale.
Vittò procede nella sua carriera giungendo al carcere, tra morti innocenti e tradimenti. Il senso dell’onore e dell’appartenenza gli impediscono fino all’ultimo di tradire quelli che ritiene amici, salvandosi probabilmente dalla terribile fine che lo attende. La sua è una discesa agli inferi, da cui nessuno ti può salvare, una volta che hai venduto l’anima. Procedendo negli anni la luce si fa sempre più flebile, ed infine solo il buio accoglie le anime nere e corrotte, dannate sin dall’infanzia in un personale e su misura girone dantesco.
Enzo Chiarini è nato a Genova, e da quello che si legge nella sua scheda biografica, probabilmente nel suo romanzo c’è molto di vissuto personale, al punto che lo scrive in prima persona, e ci avvisa che molti dei suoi personaggi ‘erano’ reali. “Le Mura della Malapaga” è il suo primo romanzo edito, ma nella quarta ci avvisa di altri romanzi inediti. Speriamo di leggerli presto, e che mantenga la qualità di questo primo.
Voto: 7
Autore: Enzo Chiarini
Titolo: Le Mura della Malapaga
Editore: Frilli
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 10,50 euro
Pagine: 238
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