Chi, leggendo il celebre Tom Sawyer di Twain, non si è mai immaginato quelle estati calde e vuote, il sole tagliente e i cieli limpidi, e non ha mai sognato di salpare su quella zattera con Tom e Huck? Lo stesso Mark Twain ha detto che le avventure di quei discoli nascevano da esperienze personali, dai ricordi di quando era ragazzo. La stessa voglia di ricordare il passato deve aver mosso la mano di Shin Takahashi in questa versione personale e moderna del Sawyer. Più un omaggio che una trasposizione in fumetto.
Haru è una giovane donna che da tre anni vive e lavora a Tokyo, senza soddisfazioni e delusioni particolari, chiusa in una vita mediocre. Un giorno, un evento triste e inaspettato la costringe a tornare nel paese della sua infanzia: la morte della madre. Il contatto con questo minuscolo villaggio di pescatori riporterà a galla la vita che Haru pensava di essersi lasciata alle spalle, riportando in superficie la figura di una madre vagabonda e solitaria, isolata dal resto del paese, considerata una strega dai ragazzini del vicinato, capeggiati da Taro.
Taro è solo un ragazzino, vive ancora in un mondo di fantasia dove le responsabilità e il futuro sono cose da adulti, dove tutto si consuma nella giornata e ogni momento è una scoperta. Haru, in un momento così fragile della propria vita, rimane affascinata dalla spontaneità e dall’ingenuità di Taro e dei suoi amici, e si ritroverà presto a far parte della piccola banda di monelli. Per la protagonista sarà una illusoria seconda occasione di vita, un ritorno all’epoca della giovinezza perduta. Poi un misterioso omicidio la obbligherà a tornare nel suo ruolo di adulta, ma anche alla fine Haru non dimenticherà gli insegnamenti di quella seconda giovinezza e avrà fatto tesoro dei momenti passati con Taro e i suoi amici.
Linfa vitale della vicenda sono i sentimenti, ripescati con cura dall’autore dai suoi ricordi d’infanzia e raffinati in quindici anni di attesa. Infine la messa in opera e la traduzione di quei ricordi in una storia compiuta. La traccia del libro di Twain è evidente e voluta, così come le divergenze verso un gusto tipicamente orientale nel ritmo e nelle tematiche narrative.
Il “Tom Sawyer” di Takahashi è un’opera delicata e struggente. Narrazione e realizzazione grafica seguono la stessa rotta, vogliono calare il lettore in un’atmosfera da sogno di mezza estate popolato delle gioie e delle paure della giovinezza, un mondo fatto scorribande, pirati, tesori, strani delitti, streghe e magia, una dimensione adolescenziale dove gli adulti non possono entrare perché ciechi, un’altra isola che non c’è che si raggiunge solo in zattera. Il tratto lieve e le chine sfumate di Takahashi trasportano il lettore indietro nel tempo fino all’aureo periodo delle estati infinite e delle avventure mozzafiato.
Shin Takahashi, noto in Italia per la serie “Saikano” (Lei l’arma finale – Panini Comics, 2004), è stato uno dei primi autori del fumetto giapponese a sviluppare l’utilizzo della computer grafica come supporto al disegna a mano. Continua oggi il suo lavoro di disegnatore su carta e sul web, mantenendo inalterato il suo tipico stile acquoso e sognante.