Kolack è “Fino in capo al mondo”

fino-in-capo-al-mondoFino in capo al mondo” (Robin, 2008) è la prova d’esordio di Adam Kolack ma soprattutto è una storia. Anzi sono molte storie che si intrecciano e si sovrappongono fino a farne un romanzo aggraziato e solido, capace di tessere una trama mai scontata e sempre limata con la dovizia di chi conosce l’arte della scrittura. L’autore mette in atto un vero e proprio viaggio iniziatico che fa della strada il teatro assoluto e indefinito della storia.

Tra giallo e thriller, romanzo di formazione e di avventura, viene dipanato tutto un universo nel quale personaggi, oggetti e luoghi creano microcosmi a se stanti, capaci di slanci emozionali e momenti di squisita quiescenza letteraria.

La costruzione dei personaggi è fondata su una matura capacità di epurazione di connotati fortemente psicologici; quello che però può apparire semplicemente velocità del tratteggio è in realtà il consapevole desiderio di muoversi per scompartimenti, per processi che pian piano disegnano e rifiniscono ogni elemento lasciato spurio. Un momento di rottura, la morte di una donna, è la scintilla che accende un fuoco capace di prorogarsi con incredibile velocità, muovendosi ora verso il passato, ora verso il futuro. Imprescindibili elementi come il sangue e il denaro, una cassetta di sicurezza londinese sconosciuta ai familiari, non riducono il plot ad un esercizio di genere.

Interessante il rapporto tra il padre e il figlio, attori inconsapevoli prima di una vita vissuta ma non conosciuta e ora di un viaggio che non può avere fine o peggio ancora ritorno. Diversissimi tra loro devono trovare una sintesi che gli permetta di affrontare un percorso tortuoso che modificherà per sempre la loro esistenza.

Sullo sfondo di una Europa variegata di colori e anime, Svizzera, Francia, Paesi baschi. Al centro uomini freddi e da uomini caldi, fantasmi invisibili del passato e personaggi di racconti, riaffiorerà pian piano tutto un mondo sommerso, capace di riavvicinare i protagonisti per poi dividerli, allontanarli per sempre e lasciare a noi lettori il senso agre di quel qualcosa che vorremmo respingere ma che inevitabilmente ci attrae.

Adam Kolack nasce in un anno con mezze stagioni, in un posto con mezze certezze. E’ moro, alto 180 cm, ha sette tatuaggi, pesa una settantina di chili in mezzo alla settimana e una ottantina nei week-end, beve acqua gassata o birra gelata, non è allergico, non esiste in quanto tale. Il tizio che lo ha partorito per gemmazione e che si nasconde dietro al suo nome ha le mani di Adam, gli occhi di Adam, ma non è mai stato Adam. Quando non scrive, può capitare che Adam pensi. Più probabilmente, fa solo finta. Altre volte opera, dal momento che è un chirurgo. Ogni tanto ascolta davvero, ma ormai raramente lo fa con piacere. Quando è uscito questo libro lo hanno visto anche sorridere.

Info: il booktrailer del libro