“Venezia, si dice, ha la forma di un pesce. E come un animale marino si muove nella laguna, scende sott’acqua ma riemerge per respirare, osserva curiosa e avida i turisti che avanzano armati di maschere e fotocamere, pronta a ritrarsi come un pagura nel guscio“. Sono le parole di Paola Cantù in “Venezia doppia” (Edithion Leonhardi, 2008), scritto insieme a Italo Testa e Uwe Israel.
Il valore della bellezza. La prefazione del libro introduce il lettore, il turista, l’appassionato della laguna al punto centrale: “Tirare fuori qualcosa di vero da Venezia è quasi impossibile. Un approccio normale a Venezia sembra impossibile. (…) Forse il valore di Venezia risiede nella sua stessa, assai singolare, essenza e cioè che la città è un’allegoria“.
Il volume e’ nato da un progetto della Staedelschule di Francoforte, un’accademia d’arte diretta attualmente da Daniel Birnbaum, il curatore quest’anno della Biennale di Venezia. Si trattava di un lavoro su Venezia, che coinvolgeva alcuni giovani artisti, invitati a produrre alcune opere e performance nel corso o a ridosso di alcuni sopralluoghi in laguna. C’era poi il confronto con tutti i clichees legati alla citta’, soprattutto quelli propri del turismo.
La responsabile del progetto, Felicia Herrschaft, filosofa e curatrice di mostre per Leonhardi Kulturprojecte, ha pensato quindi di legare questa esplorazione ad alcune riflessioni storiche, filosofiche e poetiche, che sono nate in dialogo con alcuni degli artisti.
Di qui il libro “Venezia doppia“, presentato in occasione del finissage della mostra. I testi presenti nel libro sono in versione trilingue anche perche’ Leonhardi Kulturprojecte, l’istituzione fondata da Philippe von Leonhardi che ha ospitato la mostra, e’ particolarmente interessata a progetti transculturali, che si situino all’incrocio tra varie lingue e culture fuori e dentro dall’Europa.
Info: il progetto