In una splendida villa, Villa Croce, in uno dei quartieri residenziali di Genova, Carignano, c’è stata la presentazione di “Caviglia” (De Ferrari editore, 2009). Una monografia dedicata ad un pittore molto amato a Genova perchè il suo indiscutibile talento e corredato di umana semplicità che lo fa ancora più grande. Luciano Caviglia è nato nel 1926 e dal 1955 ha dipinto oltre 600 opere.
A presentare il libro “Caviglia” mercoledì 10 giugno sono stati Sandra Solimano e Luciano Caprile, autore della monografia, tra un folto pubblico di amici ed estimatori dell’artista. Anche lui era naturalmente presente con la sua persona, molto intimidita dalla situazione, e alcune delle sue ultime opere esposte nel salone di Villa Croce per l’occasione.
La Solimano ha sottolineato che questa monografia in realtà è la “seconda puntata” della storia della pittore in quanto la prima è stata scritta nel 1996 da Germano Bellingheri e parte dall’opera artistica del pittore riferita agli anni’60. Caprile in questo ultimo libro evidenzia invece l’ultimo percorso artistico del Caviglia, in cui si trova intersezione e sovrapposizione tra lo spazio e la figura umana. Le opere, di stile moderno, hanno però un’armonia interna che le accomuna al classicismo,per questo sono integrabili in contesti come Villa Croce e Palazzo Spinola dove attualmente sono esposte.
Caprile parla di un percorso metafisico di Caviglia che coinvolge uomo e ambiente, racconta di una materia manipolata ed esposta in maniera avvolgente,ma non drammatica. L’avvicinamento del pittore a Francio Bacon arriva in maniera decisa e determinante,che si legge fortissima nei suoi lavori. Elementi di arredo stridente,elementi geometrici che entrano nella sostanza e nelle forme morbide appaiono negli ultimi quadri, così come in essi si legge perfettamente il cambiamento della visione dell’uomo che si confronta con un’ulteriore mutazione. Più si va avanti nel percorso artistico di Caviglia e più ci si rende conto quanto per lui l’uomo vada sempre più scomparendo per lasciare spazio all’angoscia e al nulla.
La figura umana non c’è più e lascia il posto all’astrazione. Nelle opere degli anni 2000 si arriva indiscutibilmente all’essenzialità che emoziona perché arriva forte e diretta con qualche pennellata di rosso purpureo che riporta al sangue e quindi alla vita.