Il potere del cane (Neri Pozza 2017) di Thomas Savage, pubblicato per la prima volta nel 1967, in America è oggi diventato un vero caso editoriale. “Libera l’anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane”.
Partendo dal Salmo 21 della Bibbia, posto come esergo del testo, l’autore compone con uno stile crudo e asciutto un romanzo che richiama la migliore tradizione letteraria americana da John Steinbeck a Ernest Hemingway.
1924. Stati Uniti. Stato del Montana. I fratelli Phil e George Burbank erano due allevatori che vivevano soli da più di quarant’anni mandando avanti il loro ranch e curando le bestie. Phil era un uomo rude, abile giocatore di scacchi, laureato con lode e curioso lettore, disprezzava i fronzoli e le guarnizioni dei cowboy, invece degli stivali usava scarpe normali. Nonostante i soldi e il prestigio della famiglia, Phil, che non guidava un’automobile e possedeva la stessa sella da vent’anni, era una persona semplice. Prova di ciò era il fatto che si vestiva come un qualsiasi bracciante, in salopette e camicia di cotone azzurra.
George era un uomo massiccio, riservato e privo di senso dell’umorismo, i due erano diversi come il giorno e la notte. George non aveva hobby o veri interessi. Phil lavorava col legno. Eppure era insolito trovare un legame così forte tra fratelli, Phil alto e spigoloso che con gli occhi azzurro cielo guardava lontano o scrutava il terreno circostante; George corpulento e imperturbabile, gli trottava al fianco su un baio anch’esso corpulento e imperturbabile. I fratelli continuavano a dormire nella stanza che avevano da ragazzi negli stessi letti di ottone che adesso cigolavano nella grande casa di tronchi. Nella loro dimora da scapoli c’era posto solo per la cuoca, la signora Lewis. Un mandriano aveva definito Phil un “eremita balordo”, domandando agli altri lavoranti del ranch se riguardo al maggiore dei Burbank “qualcuno gli avrà mai voluto bene? E lui avrà mai voluto bene a qualcuno?”. Forse non era difficile intuire che Phil Burbank, eroe tragico, nascondeva un segreto. “Dopo un paio di giorni il medico capì cosa era successo. Giunse alla conclusione che tutta la faccenda, come disse a un’infermiera, la faccenda di mandare ad analizzare la coltura, era stata come chiudere la stalla quando i buoi erano già scappati”.
Il dramma shakespeariano era esploso quando George si era innamorato di Rose, la vedova di un medico che era stato trovato impiccato dal figlio adolescente, Peter. “Rose aveva sentito freddo, la prima volta che era entrata in quella casa”. La coppia si era sposata dopo Natale nella canonica di Herndon ed era andata a vivere nel ranch dei Burbank. In seguito al matrimonio il perfetto equilibrio tra i due fratelli era saltato. “L’aveva inquadrata, l’aveva inquadrata dalla prima volta che l’aveva vista, era una donna troppo insicura per mettere zizzania tra lui e George”.
L’ambientazione desolata del West e delle sconfinate pianure selvagge del Montana stavano per assistere impotenti alla tragedia incombente.
“Vai a cercare tuo fratello. Erano diversi, ma erano fratelli. E almeno una cosa in comune l’avevano: un legame di sangue”.
Thomas Savage (1915-2003) è stato un autore americano che, tra il 1944 e il 1988, ha pubblicato ben tredici romanzi. The Power of the Dog è tradotto da Luisa Corbetta.
Autore: Thomas Savage
Titolo: Il potere del cane
Editore: Neri Pozza
Anno di pubblicazione: 2017
Prezzo: 17 euro
Pagine: 276