I fedeli lettori di Nicola Lagioia, puntualmente presenti all’appuntamento quinquennale coi romanzi dello scrittore, avranno preso la notizia della vittoria schiacciante al premio Strega come un riconoscimento delle loro virtù profetiche (“l’avevo detto io che era bravo!…”). Quelli che invece leggeranno “La ferocia” (Einaudi 2014) sulla scia della recente consacrazione letteraria, senza lasciarsi spaventare dall’affascinante ricercatezza stilistica che lo caratterizza, rimarranno sorpresi dalla scoperta.
Oltre ai collaudati ingredienti dei precedenti romanzi – rapporti familiari malati, adolescenze difficili, arrampicamenti sociali, droga, Puglia e dintorni – “La ferocia” contiene anche una buona dose di suspense: una suspense cupa, che tiene incollati alle pagine come un vinavil immaginario sprigionato dall’oscuro magma della trama. Meridionale solo in apparenza, questa storia rimanda un quadro universale: è il racconto di un male più generico, di una crisi di oggi; la radiografia impietosa di un mondo in cui le leggi diventano consigli e tutto si compra e si vende, persino gli affetti familiari (in che modo, poi, è del tutto irrilevante).
I Salvemini sono un’influente famiglia barese. “Se fossero animali sarebbero dei pescecani”, dice l’autore. Gente molto su (villa faraonica, auto di lusso, party esclusivi…). Vittorio, il padre, è un ruspante palazzinaro con le mani in pasta sia nella regione che all’estero, uno capace di orientare il viaggio di milioni di euro col semplice meccanismo della telefonata a catena. La moglie, Annamaria, cura l’aspetto relazionale del sistema, coordinando cameriere e organizzando cene e pomeriggi di shopping in centro. Il figlio più grande, Ruggero, è un famoso oncologo dai non pochi lati oscuri, mentre la più piccola, Gioia, cinguetta al cellulare e dorme fino a tardi, protetta dalla sua beata inconsistenza. I due figli intermedi, Clara e Michele, sono invece accomunati da un nero mal di vivere che ha generato, nel tempo, un legame morboso e quasi soprannaturale. Sarà in virtù di questo legame che il problematico Michele – frutto di una relazione extraconiugale di Vittorio – indagherà sulla misteriosa morte della sorellastra, ritrovata ai piedi di un autosilo completamente nuda e ricoperta di ferite.
Del noir questo romanzo ha i toni e le atmosfere, le cornici notturne, i piccoli colpi di scena e la prospettiva multifocale (i ricordi comuni ai diversi personaggi cambiano angolatura in base al punto di vista). Ma la vittima muore a pagina 8 e il detective ha avuto problemi psichici. E poi c’è l’irruenza di un realismo feroce: gli abusi edilizi sul Gargano, i disastri ecologici, gli illeciti insabbiati, la corruzione, le associazioni a delinquere, i vizietti inenarrabili di certi magnati dell’edilizia e del settore pubblico… Un orrore. Un pozzo senza fondo di colpe e di vergogne, un inferno di peccatori irredenti su cui si staglia come un “idolo Maya” la bellissima Clara, magnetica trentaseienne che ha dirottato tutta la propria forza di volontà sulla cancellazione della volontà stessa, indifferente verso i suoi tanti amanti, caduta in un abisso di cui solo Michele potrà cogliere il senso.
La regressione allo stato di natura, in cui il più forte azzanna il più debole, non sembra offrire alcuna via di scampo. Il lettore cercherà invano uno spiraglio di salvezza. Chiuderà il libro convinto di non avervelo trovato. Poi gli tornerà in mente l’immagine della gatta di Michele, sola e spaventata, persa tra i campi per colpa di una porta lasciata aperta. Anche questa “creatura abituata a ricevere solo carezze”, quando si trova davanti un enorme topo di fogna, sa. Sa e ricorda al tempo stesso, smette di essere la giocherellona gattina di casa e diventa uno spietato felino dagli artigli sfoderati, ritornando allo stato di natura. Esattamente come gli uomini che ci racconta il romanzo.
Solo che gli uomini possono scegliere.
Autore: Nicola Lagioia
Titolo: La ferocia
Editore: Einaudi
Pubblicazione: 2014
Prezzo: 19,50 Euro
Pagine: 411