L’uomo, è noto, era combattivo, ma capace di misurare le forze in campo. Perplesso verso gli estremismi non per partito preso ma perché sufficientemente lucido nella valutazione delle possibilità: attento a distinguere, diremmo, tattica e strategie. Troppo, e troppo presente a se stesso (altro che il “servo di partito” di una brutta canzone di un cantante altrettanto tristo ancora “in attività”), per acclimatarsi tra i fuoriusciti come lui, costretti a rimediare a una sconfitta politico-militare che se di regola significa la morte civile in alcuni casi promette la fine pura e semplice. Ovvio che il “medico” Dante Alighieri quando si decide a far politica non immagina però la vita che lo aspetta. Prova a ricostruirla, in un lavoro di estrema accuratezza filologica, lo studioso Giorgio Inglese, italianista, di Dante esperto e già interprete in vari lavori, compresa una revisione testuale della Commedia. Questa Vita di Dante ripercorre le fonti che rendono possibile una plausibile biografia del poeta fiorentino (Una biografia possibile è il non casuale sottotitolo). Se Inglese ricorda che il testo più attendibile in materia resta fino a ora quello di Giorgio Petrocchi, che risale ormai al 1983, egli cerca di muoversi com’è inevitabile nelle trame che lo stesso Dante costruisce su se stesso nella Commedia e nella Vita Nova, valutando le inferenze più accettabili nella rilettura critica del poema, e con non minore acribia le avventurose testimonianze coeve, spesso di parte Nera, tendenti a mettere Dante nella luce più cattiva possibile. Il poema com’è noto ci dice più del resto ma è ovvio che gli va fatta la tara dovuta a ogni scrittura, quale ne sia il modo, autobiografica – massimamente a un’opera come la Commedia. Ricorda Inglese: “fra le più clamorose innovazioni di cui il poema dantesco può vantarsi è certo quella di aver attribuito il ruolo del protagonista, come ‘personaggio che io’ alla figura storica dell’Autore”. In tal senso, è intanto da prendere come un a parte “l’autoritratto del protagonista come Poeta”, scrive ancora Inglese, che lo vede scandirsi in tre momenti fondamentali: la filiazione classica, virgiliana va da sé ma tale da pretendere di risalire fino a Omero, il distacco dall’amico grande Cavalcanti (terrorizzato dalle forze funeste dell’amore), e la compagnia ideale piuttosto dello stilnovismo di Guinizzelli. Tale strumentario per affrancarsi come ognuno sa dai rischi di un passato nel quale Dante ha conosciuto (e rischiato di rimanervi invischiato a vita), l’errore: il piacere di cose false, la filosofia, la politica? (con un eccesso di drammatizzazione che può sciogliersi se riconduciamo la vicenda a un’allegoria del genere umano). “Gli intenti di stilizzazione” propri di un lavoro come la Commedia o la Vita Nova, meritano di essere cifrati e messi a confronto con le testimonianze più di seconda che di prima mano dei vari Boccaccio o Villani e i pochi, incerti, documenti d’archivio. Un lavoro puntiglioso, per specialisti, la cui scrupolosità filologica aiuta a leggere con maggiore circospezione biografie più distese ma immancabilmente un tantino immaginarie.
Autore Giorgio Inglese
Titolo Via di Dante
Editore Carocci
Anno 2015
Pagine 192
Euro 23,00