“Sì, voglio sposarmi”. Il romanzo Questo indomito cuore di Pearl S. Buck (Sonzogno 2015), inizia con una promessa di matrimonio. In un’anonima cittadina rurale della provincia americana degli anni trenta dove la vita scorreva pacifica e tranquilla, Susan Gaylord stava per sposare l’agente immobiliare Mark Keening, uomo sincero e leale. La giovane, figlia di un professore universitario con aspirazioni di poeta, e di una casalinga, una sorella più giovane Mary, possedeva qualcosa in più. Sì, perché Susan rispetto alle sue coetanee, le quali dopo gli studi si sarebbero sposate felici e soddisfatte di curare la casa, di farsi mantenere dai rispettivi mariti e avuto dei figli, aveva un dono. Miss Gaylord era una scultrice di talento, grazie alle sue mani “larghe, forti ma delicate come antenne”, modellava la creta con finezza e abilità. Non solo, ogni cosa che Susan faceva, come cucinare, cucire o suonare il pianoforte, era il prodotto di una perfezione innata. Un cuore indomito, orgoglioso, certo che avrebbe ottenuto dalla vita il meglio di ogni cosa, anche da donna sposata. “Voglio essere la miglior moglie del mondo, la migliore madre. Voglio fare un monte di belle cose nel bronzo e nella pietra, cose che dureranno in eterno. Non c’è niente che non voglia fare”. Lo stesso Mark era consapevole del talento della propria moglie, che era la regina di quella bella casa quasi al limitare del bosco, situata al termine della strada dove Susan aveva giocato da bambina. Guardando dalla finestra della propria abitazione Mrs Keening aveva la stessa visione cui era stata abituata fin dalla nascita: fila di casette bianche, il verde del campo laggiù e, oltre la cima degli alberi, la cupola dell’aula magna dell’università dove il Prof. Gaylord insegnava e che lei e Mark avevano frequentato per quattro anni. Ciascuna di quelle casette bianche conteneva il sogno americano, ma quello di Susan era il più prezioso di tutti, destinato a realizzarsi perché Susan Gaylord aveva “la scintilla, il dono vero”.
This Proud Heart è , in anticipo sui tempi, bellissima la figura di Susan che dentro di sé sente potente “il bisogno di prendere dell’argilla e di modellarla per dar vita ai suoi fantasmi”. È un desiderio innato, irresistibile, una sorta di autodeterminazione che costringe la protagonista del romanzo a mettersi a confronto con l’eterno dilemma che almeno una volta nella vita ciascuna donna si è posta. Seguire il destino femminile di moglie e madre o abbracciare la vocazione all’arte e all’impegno? “Non verrò meno a nessuno dei miei compiti. Posso essere tutto: moglie, madre… e me stessa”. Pearl S. Buck pioniera della battaglia per i diritti delle donne, quando pubblicò il romanzo simbolo ante-litteram delle istanze femministe, siamo nel 1938, era tornata definitivamente negli Stati Uniti da soli quattro anni dopo averne trascorsi oltre trenta in Cina nella veste di missionaria. “Chi è sempre stato libero non può capire il potere. Terribile e affascinante, della speranza”. Appare quanto mai attuale il conflitto interiore di Susan, tema centrale della riscoperta di questo capolavoro letterario rieditato nella collana Sonzogno Bittersweet diretta da Irene Bignardi. “Lei non soltanto aveva bisogno di essere, ma anche di creare. In lei non c’erano dualismi, non unilateralità. Perché no? Perché non prendere, godere di tutto quel che poteva?”.
Pearl S. Buck (1892-1973), figlia di missionari presbiteriani americani, trascorse in Cina quasi quarant’anni. Alla vita nel grande paese asiatico è ispirato il romanzo più famoso, La buona terra (1931), che le valse il premio Pulitzer. Scrittrice assai prolifica fu autrice di oltre ottanta opere tra romanzi, saggi, biografie e racconti. Nel 1938 il Nobel per la Letteratura premiò la sua carriera e la sua sensibilità, sospese tra Oriente e Occidente. Questo indomito cuore è tradotto da Laura Lepetit che firma anche la Postfazione del volume.
Autore: Pearl S. Buck
Titolo: Questo indomito cuore
Editore: Sonzogno
Pubblicazione: 2015
Prezzo: 16,00 Euro
Pagine: 336