Ci sono le opere-mondo e c’è Lytton Strachey (1880-1932). La differenza non sta nel fatto che la locuzione iniziale venga riferita di solito a opere letterarie, visto che era lo stesso scrittore inglese a considerare il genere biografico a suo modo un’arte. E’ che quanto le opere-mondo aspirano a includere il secondo termine nel primo attraverso la smisurata ambizione di un progetto totale, in grado di abbracciare un’epoca e il suo senso attraverso una narrazione imponente, tanto Strachey credette di dare un’idea verosimile dell’età vittoriana osservandola da specole tutte particolari, individuali (e persino arbitrarie). Nacquero così i quattro ritratti che compongono gli Eminenti Vittoriani di uno scrittore – amico di Virginia Woolf e assiduo del Bloomsbury Group – la cui prosa ha fatto felice molti lettori e non è estranea al prolungato successo dell’opera. Cercava “campioni”, Strachey, nel senso di rappresentanti esemplari di un’epoca, di un mondo, descritti con controllata perfidia. Né difettava, ovviamente, di acume psicologico, perspicacia nell’analisi, senso del racconto, costruito però, come l’indagine complessiva, anche in virtù di elementi laterali, dai margini di dettagli in apparenza secondari. Uno storico che vuol rendere partecipi i lettori di qualcosa di nuovo, scriveva, “attaccherà il suo soggetto in punti inaspettati, gli piomberà sul fianco e sul retro”. Dì lì, può venire alla luce un lato ancora incompreso, un aspetto ignoto – a maggior ragione se si tratta del mondo della regina Vittoria, di cui, diceva ancora Strachey, “sappiamo troppo” – peraltro, egli dedicò alla regina un libro a parte.
Gli uomini – tre – e la donna scelti dall’autore gli sembrarono emblematici per motivi differenti, che includevano il contesto ma anche le biografie in sé. A partire dall’”alta, emaciata figura” del cardinale Manning che a “trentotto anni era l’uomo più influente della Chiesa anglicana”, uno di quei religiosi che si distinguono “più per le loro capacità pratiche che per santità ed erudizione”, anche se nei momenti di crisi sapeva mortificarsi non mangiando “torte e pasticcini” ma “semplici biscotti” sì. Un uomo la cui determinazione costituisce uno dei motivi del fascino agli occhi dell’autore.
Laddove la donna era di una specie particolare: Florence Nightingale sacrificò gran parte della propria vita per aiutare gli altri, fatto più significativo in quanto l’eroina proveniva da un ambiente agiato. Una donna d’azione e molto determinata, una pioniera della moderna infermieristica, che fra le altre cose partì per la Crimea dove era impegnato l’esercito inglese per curarvi i soldati, cosa che fece chiarendo l’importanza della salubrità dell’aria, degli ambienti, della pulizia. La disciplina resta una costante nel mondo della regina Vittoria: si pensi all’educatore Thomas Arnold, enfante prodige turbato da speculazioni religiose prima e convinto sostenitore poi della necessità di condurre sulla “retta via” del Cristianesimo i giovani studenti inglesi. Dapprima un incubo per loro (la sua voce poteva terrorizzarli sebbene cercasse di astenersi da severe punizioni corporali), in realtà allentò le maglie della rigidità fine a se stessa. Riteneva anche fondamentale lo studio dei classici, del greco e del latino. almeno quanto lo sport – il rugby prese il suo nome dal college in cui Arnold lavorava. E tornando in ambito militare, c’è poi la figura certo più affascinante di Charles George Gordon, generale a suo modo romantico e antischiavista. Strachey si sofferma sulla parte finale della sua vita, leggibile come un vero romanzo di eroi.
Lytton Strachey
Eminenti Vittoriani
Castelvecchi
Traduzione di Ilaria Tesei
Pagine: 296
Euro 19,50