Con Folli i miei passi (Edizioni Socrates) torna in Italia lo scrittore francese Christian Bobin. Lucie ha due anni quando si addormenta appoggiata al ventre del lupo e il lupo veglia il suo sonno tenendo alla larga l’altra gente del circo. Da quel giorno il lupo è per Lucie il primo e grande amore, e tale resterà fino ai suoi otto anni, fino a quando l’animale dagli occhi giallo mimosa viene calato in una buca tra i papaveri, avvolto nel suo pigiama.
All’età di trent’anni Lucie si è rifugiata all’albergo delle Api, a Foncine-le-Bas, nel Jur. Ha rinunciato a recitare in un film in Canada per scrivere il suo miele di inchiostro, di solitudine e silenzio. La fa compagnia il suo omone, Johann Sebastian Bach, e una signora anziana che la chiama Jérémie. Tra l’ultima notte del lupo e il ritiro nel Jur Lucie vive un’esistenza di fughe, la carovana non può partire senza prima controllare se c’è o meno, per anni si cuce addosso nomi, cognomi e storie.
Vaga due giorni e due notti per la spiaggia, mangia le merende dei bagnanti e dorme sotto una barca. Segue un gruppo di matti e si addormenta in un castello. Lascia il circo con i genitori e finisce con il padre becchino a occupare una casa con vista sulla foresta dietro il cimitero. Si trasferisce in collegio, si sposa e si separa. Sono anni di correnti d’aria di sentimenti, di persone che entrano ed escono. La gente del circo, amiche, suore e Roman. E, ovviamente, c’è sempre il lupo che l’accompagna perché nessuno ha saputo prendere il suo posto, nessuno ha gli occhi dei principi azzurri.
Il romanzo di Bobin si sviluppa in toni surreali e poetici, con una scrittura che sembra nascere dal mondo circense da cui proviene Lucie, perfetta per raccontare una fiaba alla rovescia come questa, dove al lupo tocca il compito di custode, di insuperato esempio di libertà (“Non rientrava in nessun numero. Non si addomestica un lupo”) e di innamorato. L’anima del lupo diventa così quella di Lucie, bambina, ragazza e donna dai passi “folli” e inquieti; nessuno può costringerla a fare nulla e lei si muove nella vita senza sensi di colpa, con l’unico vincolo di seguire la propria felicità. Colleziona esperienze bizzarre, o che forse diventano bizzarre solo perché è lei a viverle, fino ad arrivare al momento di mettere su carta la sua storia, quella che noi ora stiamo leggendo, e di cercare una chiusura del cerchio.
Il (breve) romanzo di Bobin si compone di episodi che si intrecciano e si sovrappongono fino a un finale che dà anch’esso appena un cenno di chiusura, così che tutta la storia rimane sospesa, pronta per essere arricchita dalla prossima avventura di Lucie. “Folli i miei passi” si fa ben volere per questo suo tono leggero e mai sopra le righe, per la capacità di costruire l’affresco di una vita attraverso brevi tasselli narrativi, ma anche per i personaggi che lo popolano e che ci vengono restituiti, attraverso gli occhi di Lucie, in tutte le piccole sfaccettature della loro umanità. Luogo comune vuole che delle cose importanti e profonde in letteratura se ne possa parlare solo, o prevalentemente, con gravità e timore; per smentire tale luogo comune bisognerebbe leggere ogni tanto un libro come questo, che non diventerà un romanzo pilone della letteratura, ma che è una lettura piena di incanto, che riesce a parlare della complessità della vita senza perdere di luce e freschezza. Viene in mente un bel film di qualche anno fa, “Il favoloso mondo di Amélie”, e chi lo ha saputo apprezzare sarà felice di ritrovare in Lucie una novella Amélie Poulain.
Non ho più bisogno di un padre, una madre e un marito. Li ho avuti in quantità sufficiente. Ho solo bisogno di sentire l’aria fresca sul collo, tra la pelle e la camicetta, di impiastricciarmi gli occhi con il verde dei pini, un verde scuro, intenso. Mi sento come quell’allodola che ho visto poco fa, sopra un prato. Saettava dalla terra al cielo, dritta a sé stessa, in un palpitare di piume e canto.
Ero io il lupo dietro alle sbarre, appisolata. Sono io l’allodola nell’aria azzurra, vibrante di un piccolo quieto vaneggiare.
Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, città della Francia centro-orientale. È molto conosciuto nel suo Paese per la sua scrittura intensa e poetica che riconduce colui che legge agli aspetti fondanti dell’esistenza. Con Une petite robe de fête (Mille candele danzanti) nel 1991, raggiunge il successo, restando tuttavia un autore discreto, che rifugge gli ambienti letterari, “innamorato del silenzio e delle rose”.
Autore: Christian Bobin
Titolo: Folli i miei passi
Editore: Edizioni Socrates
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo: 10 euro
Pagine: 106