Voci smarrite. Arte e legame sociale contro il dominio dell’anestestia (Etal edizioni 2013) di Laura Pigozzi, un saggio che nasce dalla passione dell’autrice per la psicoanalisi e per il canto, ed esplora la voce nel suo valore di legame sociale, di capacità inventiva e sublimatoria. È uno sguardo attento sulla voce mentre fa arte, in un’epoca, quella attuale, controversa e per molti aspetti anestetica, cioè sfavorevole all’estetica e alla sensibilità.
All’interno di un discorso dominante in cui “la sicurezza è il bene su-premo e l’unica audacia ammessa è quella del consumo”, cantare può divenire un modo per affermare la propria unicità e contrastare la spinta all’omologazione del mondo contemporaneo. Come si manifesta nel canto la dimensione pulsionale che contraddistingue ogni atto creativo? In che senso un corpo che dà voce è metaforicamente femminile? Qual è il rapporto tra canto e godimento?
A queste e altre domande il volume risponde spaziando dalle “voci narcise” a quelle sperimentali, da Tom Waits a Demetrio Stratos a Mina, dai castrati alla death voice (nata nell’universo heavy metal ), dalle diplofonie al rumore bianco, al silenzio. Non mancano una rivisitazione del mito di Orfeo e l’esame coraggioso di tematiche quali la dislessia e le voci stonate, la relazione tra canto e anoressia, il vissuto del cambio della voce negli adolescenti, le voci trans.
Laura Pigozzi, docente di canto e di psicoanalisi della voce, vive e lavora a Milano e a Verona. Conduce laboratori di sperimentazione vocale, corsi sulla voce in gravidanza e di formazione prosodica per manager, attori e speaker. Ha fondato il Non Coro e creato “Rapsodia. Rete di psicoanalisi, arte, vocalità“ (www.rapsodia-net.info). Si è occupata delle tematiche sviluppate nel presente volume anche in A nuda voce. Vocalità, inconscio, sessualità (Antigone 2008). Attenta al mondo femminile, con et al./edizioni ha pubblicato Chi è la più cattiva del reame? Figlie, madri e matrigne nelle nuove famiglie (2012)