Come sia potuto sembrare un’apologia del nazismo o qualcosa del genere, Imperium, romanzo dello scrittore svizzero Christian Kracht (Neri Pozza) non è semplicissimo da comprendere. Perché August Engelhardt, il personaggio che sta al centro della storia, stanco del clima del suo paese (e che alcune frasi buttate lì con noncuranza nemmeno apparente imparentano – per affinità – al futuro Führer) caso mai appare così impacciato da rasentare la stoltezza.
In molte situazioni lascia trapelare una sensibilità da nevrastenico e, si sarebbe detto un tempo, disadattato, che non ha nulla nemmeno dell’inettitudine che ha fatto la paradossale fortuna di molti antieroi novecenteschi (di scrittori spesso e non casualmente disprezzati dai regimi totalitari). Alla vertigine del sottosuolo e della tana kafkiana l’uomo sostituisce difatti una capziosità sterile, infantile, da esaltato: premesse obbligate si direbbe per certe soluzioni palingenetiche ridicole non meno che pericolose ben note al XX secolo.
In lui insomma s’incarna quella risposta alla décadence dell’Europa di un secolo fa in dote agli illusi sostenitori di una nuova “semplicità” e “naturalità” della vita umana. Il nostro artista mancato (un classico anche questo), è un idiosincratico di quella specie poco accattivante che si declina in fanatismo. Più che vegetariano, fosse per lui mangerebbe solo cocco. Trova che sia alimento imparagonabile con nessun altro sulla faccia della terra. Non solo per le sue proprietà nutritive, ma perché cresce su piante – le palme – che si ergono verso il cielo, dunque più in alto di tutte. Da questo frutto così pregno allora di valenze anche simboliche il destino vuole che si cominci a ripensare (ricostruire) l’umanità. E naturalmente Engelhardt è convinto che tocchi a lui intraprendere la missione rigeneratrice. Così acquista un’isola intera in Nuova Guinea, persuadendo i nativi a coltivare la magica pianta – e adorarla, va da sé. Poiché nella Germania dell’epoca di gente fuori di testa non ne manca – difficile mettere il dato storico in discussione se i tedeschi hanno causato due guerre mondiali in pochi anni –, in molti decidono di andare a vedere di persona cosa combina il pazzo “creativo” di cui si sente tanto parlare.
Ben presto si crea una comunità di folli deliranti – i nuovi arrivati ma anche gli indigeni – che ne combineranno di tutti i colori. Anche sanguinolenti (proprio mentre l’Europa si presta a sprofondare in un’altra, ben più estesa, e altrettanto delirante catastrofe).
Forse l’ambiguità che ha permesso ad alcuni lettori di restare perplessi di fronte al libro – di scambiarne il sarcasmo con il suo contrario – ha da fare con la scrittura compassata (priva del brio, dello scatto che di solito ci si aspetta dalla satira o dall’umorismo) e con il passo narrativo di Kracht (uno svizzero, non un londinese): lento, concentrico. Ma non sarebbe dovuta bastare una frase come questa riferita al protagonista, “forse avrebbe fatto meglio a restare accanto al suo cavalletto”, per capire doveva voleva andare a parare?
Christian Kracht (Saanen, 1966) è uno scrittore e giornalista svizzero.
Autore: Christian Kracht
Titolo: Imperium
Editore: Neri Pozza
Traduzione: Alessandra Petrelli
Pagine: 256
Prezzo: 16 euro