La parabola del capoluogo siciliano è un caso esemplare per quanti si interrogano sui destini del Mezzogiorno. Laura Azzolina in “Governare Palermo” (Donzelli, 2009), spiega la grande occasione mancata di cambiamento.
Una città “difficile”. Mafia esclusa, si fa per dire, quali sono le maggiori problematiche, a suo avviso, che affliggono Palermo?
“Il suo governo innanzi tutto. E’ sorprendente come ancora negli ultimi venti anni chi ha governato in questa città sia stato sopraffatto delle pressioni provenienti da un mercato del lavoro debole e squilibrato, senza fuoriuscire da una logica di mantenimento del consenso nel breve periodo. La politica continua a rispondere alle pressioni del mercato del lavoro ampliando il pubblico impiego attraverso tutte le possibili vie di assunzione. Ma tralascia di intraprendere strategie di sostegno alle attività di mercato o di promozione dello sviluppo economico, le cui possibilità sono per altro aumentate rispetto al passato. Con il risultato che ogni aspetto della pubblica amministrazione è oggi condizionato da fortissimi vincoli di bilancio e nessun servizio pubblico mantiene standard minimi di funzionamento. D’altra parte rimangono sacche di esclusione e di marginalità che rappresentano esigenze di sviluppo insoddisfatte. Ma anche il rapporto che i palermitani hanno con la politica, a cui sono abituati a chiedere la soddisfazione immediata di molti bisogni, ma non responsabilità, produzione di beni pubblici, sostegno allo sviluppo economico e attenzione per la qualità urbana e ambientale.”
Perché ha deciso di scrivere un libro del genere? Era più la rabbia per una città spesso ingovernabile o la speranza che qualcosa possa cambiare sul serio?
“Era il bisogno di capire, di trovare il modo di leggere un percorso che la città ha compiuto fra la fine degli anni ottanta ed oggi, un percorso in cui sembrava inizialmente proiettata verso un profondo cambiamento che poi però non è maturato. Del resto il tema del cambiamento istituzionale è di grande rilievo teorico, e Palermo era un interessante caso di studio proprio per la parabola che la città ha vissuto in questi anni. Si trattava allora di ricostruire e anche spiegare questo percorso cercando anche di trarne indicazioni sulle possibilità di cambiamento future.”
Anni ’80-’90. Come lei afferma nel testo e come sappiamo da memoria storia, Palermo ebbe un sussulto idelogico-politico e sembrò mutare profondamente. Poi?
“La lettura proposta nel libro è che nella evoluzione successiva hanno pesato alcuni errori della leadership politica che in quella fase governava il cambiamento. L’esperienza amministrativa di centro-sinistra guidata da Leoluca Orlando è stata positiva e importante sotto molti punti di vista, ma nel libro si cerca di mostrare che ha finito con il trascurare alcuni nodi cruciali, in particolare quello del sostegno alle forze del mercato e dello sviluppo economico. Erano certo nodi problematici e difficili da affrontare, ma anche ineludibili per assicurare a quell’esperienza radicamento e continuità.”
Che cosa sarebbe Palermo senza la Mafia? Ha provato mai ad immaginare un’altra realtà?
“La mafia è uno dei fattori che contribuiscono a rafforzare ed alimentare un equilibrio di debole sviluppo in cui Palermo galleggia ormai da decenni. Il cambiamento di questo percorso di sviluppo implica necessariamente che la mafia e l’economia criminale vengano sradicati.”
Riprendendo le sue parole “come interpretare il caso Palermo”?
“Come una grande occasione mancata di cambiamento. Questo può sicuramente far rabbia, ma possiamo pensare che ve ne saranno delle altre.”
Laura Azzolina è ricercatrice presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Palermo e si occupa di politica e sviluppo locale nella prospettiva della sociologia economica.