Scrivere una monografia su un artista la cui identità è avvolta nel mistero sembrerebbe, se non un paradosso, certamente un compito arduo. Non così per Valeria Arnaldi che, per capire chi è Banksy, si interroga sul perché del suo successo. Va da sé che il titolo della monografia sul chiacchierato artista si ponga nella forma interrogativa: Chi è Banksy? E perché ha tanto successo? (Mondo Bizzarro Press, 2012).
Valeria Arnaldi non cerca di ricostruire l’identità dell’uomo, di svelare il suo nome o di dare un volto al personaggio ormai sulla via della leggenda, ma vuole ricostruire la figura di Banksy esclusivamente attraverso la sua opera. Il senso di questa ricerca si evince dai titoli degli ultimi quattro dei ventidue capitoli che compongono il volume: Banksy «come», Banksy «cosa», Banksy «chi» trattano rispettivamente dello stile, della poetica e della persona (per quanto possibile) dell’artista, mentre il capitolo Banksy online fornisce le uniche coordinate certe per “trovare” l’artista e la sua opera sul web. Queste informazioni sono sapientemente poste alla fine del libro perché esse sono il risultato ultimo di un lavoro di ricerca e non i presupposti sui quali esso si basa. È l’opera che viene prima, l’artista nella sua persona e identità è soltanto un aspetto dell’atto creativo e, difatti, a parlare sono i numerosi graffiti (e non solo) che l’autrice presenta e che lascia parlare. Non risulta quindi paradossale il fatto che questo libro si apra con una negazione: «Robin Banks. Non è certo questa l’identità più accreditata di Banksy, tutt’altro.»
La prima definizione per l’artista è quella di un “invisibile Robin Hood”, una sorta di supereroe costituzionalmente contro, un romantico pirata che attraverso la sua arte nega i confini e la gerarchia della pittura. Banksy è il supereroe dell’Esistencilismo (Existencilism), declinazione “street” della filosofia esistenzialista che fa i conti con la precarietà dell’esistenza, raccontandola attraverso la tecnica dello stencil. Alla parabola del supereroe non manca nulla: Banksy combatte il Male, quello della società che soffoca e stritola, trova la propria Nemesi nella figura di Robbo, writer inglese, amico e rivale col quale combatte a suon di tags e graffiti, e infine l’acerrimo nemico, l’Amministrazione, che insegue il supereroe tentando di cancellarne (in senso letterale) il passaggio mentre la folla inneggia al nuovo eroe della bomboletta spray.
Davanti a una simile epopea il lettore smaliziato è portato a chiedersi se Banksy non sia, piuttosto che il Robin Hood della pittura, solo un grande furbo che fa dell’anonimato il suo strumento di popolarità. Dal canto suo l’autrice sta al gioco, accentuando l’alone di mistero intorno alla persona di Banksy, che pure può averla affascinata, senza che questa allure possa inficiare la lucidità dell’analisi storico-artistica (lucidità che numerosi storici dell’arte perdono, per esempio, di fronte ad un personaggio rocambolesco come Caravaggio). Perché Banksy non è solo provocazione, ma soprattutto Arte. Democratica e provocatoria, ma sempre ricercata e consapevole. Per questo motivo l’analisi artistica dell’autrice segue i canoni della monografia: vengono infatti messi in luce i maestri cui guarda Banksy, come gli street artists (3D o Blek le Rat), si ricostruiscono l’evoluzione stilistica dell’artista e la sua fortuna lungo i venti anni di carriera, dalle prime opere clandestine alle grandi mostre, clandestine pure quelle, passando dalle collaborazioni con grandi musicisti, come i Blur, ai progetti extra-pittorici portati avanti insieme ai suoi colleghi (il Cans Festival, il documentario Exit through the gift shop e persino una couch-gag dei Simpson, firmata Banksy).
Chi è Banksy? E perché ha tanto successo? è un importante capitolo di storia dell’arte: importante perché pone il problema estetico della definizione di opera d’arte, ora che la pittura da cavalletto appare superata. Può la pittura illegale trovare posto nei libri di storia dell’arte, sempre ammesso che essa ci voglia rientrare? Si può parlare di collezionismo per la street art? Valeria Arnaldi ricostruisce una storia della street art, mettendo in relazione l’opera di Banksy con quella dei writers precedenti. Ciò che purtroppo passa un po’ in sordina è il rapporto con quegli artisti che hanno innescato il meccanismo di distruzione dell’arte tradizionale, come ad esempio i Dada e i padri (anche italiani) della performing art, i primi che hanno dipinto esseri umani (Yves Klein e Manzoni) o portato degli animali nell’esperienza artistica (Kounellis). L’analisi di queste relazioni sarebbe stata una condizione preliminare necessaria per parlare di un pittore dalla solida formazione accademica, tuttavia nulla sappiamo in merito alla formazione culturale di Banksy. L’urgenza è quindi un’altra, tutta di natura estetica: Valeria Arnaldi ripropone la questione ontologica dell’arte e rilancia il discorso intorno alla street art, cercando di elevarla al pari della “grande pittura”.
La scrittura essenziale e brillante (mai eccessivamente colloquiale né pulp) unita ad un formato editoriale che lascia molto spazio alle immagini (pregio condiviso da non tutta l’editoria d’arte) restituiscono al lettore il diritto di appropriarsi della pittura. Dopo aver letto questo libro, chiunque si trovi di fronte ai murales che popolano le nostre stazioni ferroviarie, si fermerà un attimo ad osservarli, ponendosi qualche domanda in più, senza condannarli a priori come atto vandalico. E magari si chiederà se non si trovi già in un grande museo a cielo aperto.
Valeria Arnaldi (Roma, 1977), giornalista professionista, critica d’arte e scrittrice. Scrive su testate italiane e straniere. Cura mostre di arte contemporanea in Italia e all’estero. Per Mondo Bizzarro ha già pubblicato le monografie Saturno Buttò. Blood is my favourite colour e Ciou. Necro Kawaï.
Autore: Valeria Arnaldi
Titolo: Chi è Banksy? E perché ha tanto successo?
Editore: Mondo Bizzarro Press
Pagine: 97
Prezzo: 9,90 euro