Ci sono almeno due tipi di lettori di Sherlock Holmes: gli “appassionati”, che conoscono le sue avventure, alcuni dettagli della vita dell’autore e le numerosissime iniziative editoriali e cinematografiche che proprio da quelle avventure hanno preso ininterrottamente spunto. E poi ci sono quelli che, sono come “ossessionati” da tutto ciò che si può ricondurre al famoso detective.Questi ultimi – riuniti in centinaia di associazioni, come gli Irregolari di Baker Street – si ritrovano in cene esclusive indossando berretti o mantelle scozzesi, fanno a gara a citare a memoria i romanzi di Conan Doyle e celebrano il compleanno di Sherlock Holmes – la data presunta è il 6 gennaio –, con conferenze, visite guidate, sessioni di autografi, vendite di antiquariato vittoriano e di prime edizioni…: un vero e proprio culto per qualcuno che non è mai esistito. Si potrebbe pensare che confondono la finzione con la realtà, la vita reale con la letteratura o, nel migliore dei casi, che confondono l’autore con il personaggio, ma del resto la stessa esistenza di Sir Arthur Conan Doyle ha lasciato diverse questioni aperte, veri e propri misteri irrisolti.
È proprio a questi elementi che si è ispirato Graham Moore, uno dei maggiori esperti mondiali dell’opera di Conan Doyle, per il suo romanzo “L’uomo che odiava Sherlock Holmes” (Rizzoli, 2012).
Egli immagina che gli Irregolari di Baker Street, riuniti presso l’Algonquin Hotel di New York, stiano finalmente per mettere fine ad uno dei misteri più affascinanti su Conan Doyle, quello legato alla scomparsa di un volume dei suoi diari. Per tutta la vita, infatti, l’autore ha registrato con cura le attività quotidiane in una serie di libri rilegati in pelle, ma quando la moglie e i figli hanno esaminato le sue carte, si sono accorti della mancanza di quello relativo al periodo fra l’11 ottobre e il 7 dicembre 1900. Nessuno di coloro che, fra parenti ed esperti, lo hanno cercato, sono riusciti a recuperarlo, e da più di cent’anni gli studiosi si chiedono che cosa contenesse.
Tre mesi prima della cena all’Algonquin, ogni Irregolare ha ricevuto un’e-mail da Alex Cale, un membro autorevole ed esperto dell’organizzazione, nella quale annunciava il ritrovamento del diario e l’intenzione di svelarne il contenuto durante la conferenza prevista per il gennaio del 2010. Da quel momento, fasi di incredulità, euforia, ansia, impazienza e anche invidia si sono alternate negli altri Irregolari; ma proprio quando sta per essere risolto l’ultimo grande enigma di Conan Doyle, il cadavere di Alex Cale viene trovato strangolato nella sua camera nascosta, su una parete, una parola scritta con il sangue: “Elementare”. Agli sherlockiani, paragonati ad anatre starnazzanti in calore, non sembra vero di potersi cimentare nella risoluzione di un vero omicidio, ma solo uno di loro, il giovane Harold White – ventinove anni, con un filo di pancetta, le sopracciglia folte, l’astigmatismo e le mani sudaticce e tremanti, ricercatore letterario free lance ingaggiato dalle case di produzione per tutelarsi dalle accuse di violazione del copyright – potrà vestire i panni del vero detective. Spalleggiato da Sarah, giornalista affascinante quanto ambigua, egli riuscirà a mettere a frutto tutto ciò che ha letto di Sherlock Holmes e delle sue tecniche investigative, trovando così una risposta ad ogni domanda.
Parallelamente a questa vicenda, in un’alternanza temporale che trasposta continuamente il lettore dal 1893 al 2010, Graham Moore ripercorre anche il periodo che va dalla decisone di Doyle di “uccidere” Sherlock Holmes all’inizio del nuovo secolo, periodo del quale non esistono tracce nei diari: lo scrittore e l’amico Bram Stoker avrebbero collaborato con Scotland Yard facendo luce su una serie di efferati omicidi.
Come lo stesso autore ha precisato nella nota finale, si tratta di un romanzo storico, dove l’accento però va messo su “romanzo”: il risultato è “un guazzabuglio di fatti reali, probabili, possibili e palesemente falsi” che hanno il merito di tenere il lettore avvinto dalla prima all’ultima pagina.
Reale è la mancanza di documenti fra gli effetti personali del defunto Conan Doyle, così come reale è l’annuncio, alla fine del 2004, del loro ritrovamento da parte di Richard Lancelyn Green, il più autorevole studioso di Sherlock Holmes. Dopo aver temuto per la propria incolumità, fu ritrovato cadavere nel suo appartamento, strangolato con un laccio di scarpe. Un caso considerato dalla polizia di Londra tuttora irrisolto nonostante i sospetti degli sherlockiani di tutto il pianeta avessero dato vita alle teorie più fantasiose.
Anche la parte dedicata alla vicenda ambientata fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, tutti i dettagli biografici sullo scrittore inglese sono veritieri e, sebbene il caso di cui si occupa insieme a Stoker (il cui ritratto è il più fedele possibile), sia fittizio, vengono sfruttati elementi riconducibili ai famigerati omicidi delle “spose nella vasca da bagno”, che l’autore contribuì a risolvere.
L’uomo che odiava Sherlock Holmes è dunque un romanzo che rivelerà – a chi ancora non ne è a conoscenza – molti particolari e curiosità legati a uno dei personaggi più amati e longevi della letteratura gialla che tanto ha condizionato, nel bene e nel male, l’esistenza del suo autore.
Anche tutti i luoghi descritti nel romanzo sono reali, e chissà che a qualcuno non venga davvero voglia di fare un salto in Svizzera per visitare il museo dedicato all’investigatore, ai piedi delle cascate di Reichenbach, e poter così gironzolare nel vecchio salotto vittoriano dell’appartamento al 221b di Baker Street a Londra…
Graham Moore è uno dei maggior i esperti mondiali dell’opera di Conan Doyle. È laureato in Storia delle religioni alla Columbia University e vive a Los Angeles.
Autore: Graham Moore
Titolo: L’uomo che odiava Sherlock Holmes
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 361
Prezzo: 8,80 euro
*articolo di Lidia Gualdoni