Utile a riepilogare un po’ lo stato dell’arte si potrebbe dire, “La forma del design” di Daniele Baroni, designer egli stesso, impegnato qui ad “affrontare il tema dell’analisi della forma nel design” così da “ri-tracciare un percorso strutturato intorno alle metodologie del progetto separando la fase idi ideazione da quella di realizzazione”.
Un ambito in cui si tratta dunque di mettere insieme il sapere e il fare.
Il presupposto del volume edito da Zanichelli è che pur avendo “rubato” ovunque, pur non essendo estranea alle declinazioni storiche della filosofia, dello scambio fra percezione e oggettualità, fra creatività e risorse messe a disposizione dalle strutture sociali, oltre che ovviamente dalle discipline più tecniche e alle pratiche limitrofe, il design può ormai vantare una certa autonomia – persino di magistero, che è ciò che conta in questo libro.
Baroni non manca di rappresentare le linee di sviluppo fondamentali di una teoria del design, a partire dalla storica “Great Exhibition” di Londra del 1851 – non casualmente l’Inghilterra è coinvolta in questa ricostruzione se pensiamo all’officina che riformava nella prima metà del secolo diciannovesimo l’arte industriale e il disegno. Accanto al lavoro della macchina, sempre più prepotente, è possibile però a sguardi attenti registrare il valore estetico di certi manufatti artigianali.
Ma, sempre alle stesse latitudini, un decisivo balzo in avanti nella concezione di una inaudita idea di bellezza “necessaria” nel mondo delle arti applicate viene compiuto da William Morris, a sua volta influenzato dal critico e teorico John Ruskin. Un ideale morale e spirituale pervade la loro passione, nella quale “il bello” degli oggetti contribuisce a rendere migliore la vita degli uomini. Seguendo l’analisi di modelli e strutture che percorrono il design del Novecento, inquadrato dentro il rapporto fra natura e artificio, funzione ed estetica, arriviamo sino all’ossessiva attuale riduzione di spessore di oggetti–feticcio di massa, basti pensare alla trasformazione incessante dei prodotti di un marchio come Apple, seguendo la quale è possibile rintracciare segni evidenti dei cambiamenti non tanto di approccio formale e di gusto – quello sarebbe ovvio – degli ultimi trent’anni, quanto le implicazioni concernenti ambiti inaspettati: l’ergonomia cognitiva e discipline biomediche – è il caso del touch screen – o l’acustica di alcuni impianti hifi, anche stilisticamente, prodigiosi.
Daniele Baroni, architetto e designer milanese, è docente di Storia del design e della comunicazione visiva presso la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Ha pubblicato su questi temi numerosi volumi: I mobili di Gerrit Thomas Rietveld (Electa, 1977); L’oggetto lampada. Storia degli apparecchi d’illuminazione (Electa, 1981); Josef Hofmann e la Wiener Werkstätte (con Antonio D’Auria, Elec-ta,1981); Kolo Moser, grafico e designer (con Antonio D’Auria, Edizioni Mazzotta, 1984); Il mobile. Storia, progettisti, tipi, stili (con Geoffrey Wills e Brunetto Chia-relli, Mondadori,1983). Nel settore più specifico della comunicazione visiva ha pubblicato: Il linguaggio della grafica (con Edward Booth-Clibborn, Mondadori, 1979); Il manuale del design grafico (Longanesi, 1986, 1999); Storia del design grafico (con Maurizio Vitta, Longanesi, 2003); Un oggetto chiamato libro. Breve trattato di cultura del progetto, (Silvestre Bonnard, 2009). Titolare dell’omonimo Studio di design e grafica editoriale, è socio dell’Associazione del Disegno Industriale Italiano (ADI) e dell’Associazione degli storici del design (AIS Design).
Autore Daniele Baroni
Titolo La forma del design
Editore Zanichelli
Anno di pubblicazione: 2012
Pagine: 260
Prezzo: 29,50 euro