“A bordo c’erano alcuni degli uomini più ricchi del mondo”. Le prime pagine del romanzo La strada in fondo al mare di Leah Fleming (Newton Compton 2012) sono dedicate alla ricostruzione dell’affondamento del Titanic “palazzo galleggiante” inabissatosi durante il suo viaggio inaugurale dopo aver urtato un iceberg nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 1912.
Mary May Smith, il marito carpentiere Joe e la loro figlioletta di appena un anno, Ellen, avevano scelto una cabina di terza classe del transatlantico per cercare fortuna in America, il Paese della libertà. Gli Smith “fidanzati fin da ragazzi” avevano lasciato la cittadina di Bolton nel Lancashire nell’Inghilterra del Nord, perché “c’era un’anima buona in America pronta a dar loro una nuova vita”. Sbarcati a Southampton il 10 aprile provenienti da Londra “la grande sagoma del Titanic” di proprietà della compagnia inglese White Star Line, si stagliava di fronte agli occhi stupefatti di Joe ed Ellen. “Siamo fortunati a viaggiare sul Titanic: è nuova di zecca. Pare che abbia tutte le misure di sicurezza conosciute dall’uomo. È inaffondabile”. Erano state queste le parole di Joe Smith quando aveva ammirato i quattro fumaioli che s’innalzavano imponenti sopra le teste dei passeggeri. Mentre gli Smith “si univano alla coda per l’imbarco diretti verso il ponte C”, l’inglese Celestine sposata con il “crudele e prepotente” industriale americano Grover Parkes di ritorno negli States dopo aver assistito alle esequie della madre nelle Midland, veniva condotta nella sua lussuosa cabina di prima classe situata sui ponti superiori della nave. “Con una leggera vibrazione, la nave stava prendendo vita… ”. In quella grande città a sé stante, in terza classe “nelle viscere della terra” gli emigranti di ogni nazionalità si erano imbarcati in cerca di “un’altra chance nel Nuovo Mondo”. In questa immensa nave, dove tutto era eccessivo, dopo quattro giorni di navigazione alle 23,35 del 14 aprile, un gigantesco iceberg aveva impattato il transatlantico causando sei diversi squarci sotto la linea di galleggiamento. “Era possibile che l’inimmaginabile fosse diventato realtà?”.
The Captain’s Daughter pubblicato nel centenario di questa terribile tragedia che causò la morte di 1523 passeggeri è dedicato “alla memoria di tutte le vite perse il 15 aprile 1912”. Il Titanic non era dotato di scialuppe sufficienti per tutti i suoi 2223 passeggeri e per gli 800 membri dell’equipaggio. Sembra impossibile ma vi erano a bordo solo sedici scialuppe più quattro pieghevoli per una capacità totale di 1178 posti. “Lasciate salire sul ponte le donne e i bambini!”. Le scialuppe erano state calate nelle fredde acque del Mar Atlantico semi vuote mentre all’una del mattino appena trascorsa la notte era sempre “più pungente e le stelle sempre più luminose”. May, Joe con in braccio Ellen si erano gettati in acqua. Celestine era al sicuro in una delle scialuppe e la nave squarciata “scivolava sempre più verso la propria fine”. Si udivano “le urla dei passeggeri disperati in acqua”, il colosso dei mari si impennava nei suoi ultimi spasimi di morte, i suoi orgogliosi fumaioli collassarono, “la nave si stava spezzando in due: una metà si inabissò sott’acqua, l’altra si impennò come un dito puntato, quindi scivolò anch’essa dolcemente nelle profondità come se fosse la cosa più naturale del mondo”. Era tutto finito, il transatlantico RMS Titanic, gioiello tecnologico giudicato inaffondabile alle 2.20 del mattino del 15 aprile 1916 si era inabissato nell’Oceano Atlantico. Che atroce scherzo del destino che “la più grande nave sulla faccia della terra”, fosse stata offesa, sventrata e affondata da “un capriccio della natura!”. Con uno stile incalzante, avvincente e appassionante l’autrice ci conduce dentro “una delle più grandi catastrofi dell’epoca moderna” dovuta non solo alle eccezionali condizioni climatiche ma soprattutto causata dall’approssimazione e dalla superficialità del personale di bordo. Infatti, oltre alla scarsità di scialuppe, quella sera fatale la nave manteneva una rotta molto elevata, gli operatori radio erano impegnati a trasmettere messaggi a pagamento dei passeggeri invece di quelli operativi e cosa ancora più grave gli uomini di turno nelle torri di avvistamento non possedevano binocoli. La tragedia del “grande leviatano” avrebbe influenzato la vita non solo dei 705 sopravvissuti ma anche dei loro figli, cambiando il corso del destino di intere generazioni. Questo suggestivo volume racconta in forma romanzata la storia di alcuni di loro fino al 1959. “Il Titanic era davvero un mostro e aveva inghiottito tutte le cose preziose che possedeva”.
Leah Fleming è nata nella regione del Lancashire, nel nord ovest dell’Inghilterra. Dopo aver terminato gli studi all’Università di Leeds, negli anni Settanta ha lavorato come maestra elementare. Oggi si dedica a tempo pieno alla scrittura e ha all’attivo sei romanzi. I diritti di traduzione del libro sono stati acquistati in Francia, Germania, Spagna e Serbia.
La strada in fondo al mare è tradotto da Alessandra Maestrini.
Autore: Leah Fleming
Titolo: La strada in fondo al mare
Editore: Newton Compton Editori
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: 9,90
Pagine: 537