Il debutto letterario di Jane Harris, Le osservazioni (Neri Pozza, 2006), ci aveva fatto conoscere un’originale quanto indimenticabile protagonista femminile: quella giovanissima Bessy Buckley, eroina vittoriana, capace di guardare ed annotare ogni cosa, proprio come aveva chiesto la sua padrona, con occhio critico e vigile.
Dopo sei anni, l’autrice di origine irlandese, ritorna con un nuovo romanzo, I Gillespie (Neri Pozza) e con un altro personaggio femminile a dominarne la trama: Harriet Baxter. Nella prefazione, datata martedì 11 aprile 1933, la donna, ormai anziana, afferma di essere la prima – e forse la sola – a scrivere un libro su Ned Gillespie, “artista, innovatore e genio dimenticato”, sua anima gemella, al quale rimase legata da un’intima amicizia: “Col tempo avevo imparato a capire Ned al di là delle parole: ci bastava uno sguardo, anche fugace, per intenderci. C’era una tale confidenza fra noi che mostrava a me i suoi dipinti prima che alla moglie. Io e Ned avevamo deciso di scrivere insieme un libro sulla sua vita e la sua opera, ma sfortunatamente ci fu impedito dalla sua e prematura scomparsa all’età di trentasei anni, quando (a mio modesto parere) era prossimo a toccare l’apice della creatività”.
Harriet ritorna quindi con la memoria alla primavera del 1888, quando trentacinquenne, nubile, indipendente, moderna e per nulla indifesa, in seguito alla perdita dell’amata zia, decide di intraprendere un viaggio, usando parte dell’eredità che il nonno materno le aveva lasciato parecchi anni prima. Bramando un po’ di aria fresca e qualche svago per liberare la mente da ricordi dolorosi, la donna opta per la Scozia e, in particolare, per Glasgow che, proprio quell’anno, ospita la sua prima Esposizione Universale e, con essa, numerosi visitatori giunti da ogni parte del mondo e artisti di ogni genere. In un assolato e caldo pomeriggio di fine maggio, durante una passeggiata, Harriet vede una distinta signora di circa sessant’anni distesa per terra con una ragazza accovacciata accanto. Le cure maldestre dei passanti le impongono di intervenire e, dopo aver esaminato il corpo, si accorge che qualcosa sta ostruendo la gola: senza pensarci troppo, estrae dalla bocca il corpo estraneo – mezza dentiera – e la salva da morte certa.
Ancora non sa, Harriet, che cosa significhi l’incontro con questa donna, Elspeth, e la sua famiglia che, per una curiosa coincidenza, risiede vicino all’alloggio che ha preso in affitto: di colpo ha l’impressione di aver stabilito un legame particolare e di avere, spalancato davanti a sé, un mondo di opportunità. Sembra quasi che Harriet abbia trovato la famiglia che non ha mai avuto: Elspeth, infatti, ha tre figli, Kenneth, destinato ad essere motivo di scandalo, Mabel, che ha solo sfiorato il sogno di un matrimonio e Ned, pittore di talento, ma non ancora affermato, sposato con Annie, dalla quale ha avuto due figlie, Sibyl la maggiore, e Rose, la minore. Presto, Harriet comincia ad insinuarsi nella vita piuttosto caotica dei Gillespie e a coglierne l’essenza: Elspeth si rivela una donna invadente, Annie, anch’essa artista apprezzata, è troppo debole, soprattutto con la figlia maggiore che, indisciplinata e capricciosa, manifesta atteggiamenti che rasentano la nevrosi; Ned, distratto dalle preoccupazioni, non riesce ad esprimere la propria creatività ed è costretto a sfornare quadri popolari. Per tutte queste ragioni, Harriet decide di aiutare i suoi amici: commissiona un suo ritratto ad Annie e dà una mano nella gestione economica e nelle faccende domestiche.
Tutto sembra potersi sistemare, eppure, nella narrazione sembra insinuarsi il dubbio di un’imminente catastrofe per la famiglia Gillespie e la causa potrebbe essere proprio l’instabilità di Sibyl: sue sarebbero infatti le immagini oscene disegnate sui muri, sarebbe stata lei a mettere una scheggia di porcellana tagliente nascosta fra le coltri della sorellina, come ad avvelenare una bevanda durante la festa del 31 dicembre. Così, le tinte di questo romanzo della follia e dell’ossessione, in perfetto stile vittoriano, si fanno sempre più fosche e la tragedia in qualche modo attesa si manifesta il pomeriggio del 4 maggio 1889, quando Sibyl ritorna dal parco senza la sorellina.
A questo punto, come affermato da altri, sarebbe un errore rivelare ulteriori dettagli di una trama che deve ancora svilupparsi lungamente e in modo del tutto imprevedibile, ma è importante soffermarsi sul ruolo sempre più determinante di Harriet. La voce narrante in prima persona, dalla complessa psicologia, capace di acute analisi e di un’apparente sensibilità fuori dalla norma, cerca di convincere il lettore dell’oggettività del suo racconto, ma appare sempre più evidente, invece, il tentativo di manipolarlo, fornendo solo le informazioni utili a sostenere le proprie tesi. Nonostante il moltiplicarsi di delle osservazioni, spiegazioni e giustificazioni fornite da Harriet, nulla è ciò che sembra. Ad accrescere la tensione, i dubbi e l’inquietante senso di incertezza, si aggiunge la vicenda parallela che vede protagonista Harriet, già molto anziana, autrice delle memorie sui Gillespie: la donna vive ora sola in un appartamento londinese con una coppia di verdoni e una domestica che sospetta essere giunta direttamente dal passato a farle rivivere i suoi incubi.
Nessuna delle cinquecento pagine di questo romanzo, sorretto da una scrittura elegante e da un ricco vocabolario, può considerarsi superflua: alla fine ogni elemento acquisterà un nuovo terribile significato e Harriet apparirà, con grande sorpresa del lettore, sotto una luce del tutto diversa.
Jane Harris è nata a Belfast. I suoi racconti sono apparsi in numerose antologie e riviste. Autrice di cortometraggi premiati nei maggiori concorsi cinematografici internazionali, nel 2000 ha ricevuto il Writer’s Award dell’Arts Council of England. Vive a Londra con il marito Tom. Con Neri Pozza ha pubblicato il suo romanzo d’esordio Le osservazioni.
Autore: Jane Harris
Titolo: I Gillespie
Editore: Neri Pozza
Anno: 2012
Pagine: 512
Prezzo: 18 Euro
Articolo di Lidia Gualdoni
HO finito di leggerlo oggi pomeriggio e ne sono tuttora sconvolto, non faccio che ripensare a tutte le vicende della trama, ora che le vedo sotto una luce del tutto nuova.
Che libro fantastico. Ci sono ancora un paio di particolari che mi sfuggono, ma per il resto devo dire che era da un bel po’ che un libro non mi colpiva a questo modo. Certo, ne ho letti molti altri di belli, ma questo mi sta impedendo di iniziare una nuova lettura finchè la mia mente non avrà finito di rifletterci sopra. E’ sconvolgente come il lettore sia manipolato dall’inizio fino alla fine, o quasi, è sconvolgente come le giustificazioni di Harriet siano così sensate che non si può non crederci, finchè non ci si accorge di essere menati per il naso.
Che bel libro, che bello!