“La casa sopra i portici”. Verdone si racconta

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Dalla sua attuale abitazione romana di Monteverde Vecchio per un fortuito gioco del destino Carlo Verdone può vedere da lontano “come un grande amore che non vuol essere dimenticato” La casa sopra i portici (Bompiani 2012).

“La casa dove sono nato, insieme ai mie fratelli” e “che ci ha protetti”. È un viaggio nella memoria “di tanti volti e tante emozioni. Qualche volta a colori, molto spesso in bianco e nero”, il nuovo libro dell’attore e regista che racconta al lettore che cosa abbia significato per lui quel “grande appartamento di fine ottocento con un magnifico terrazzo che ha regalato i più bei colori alle nostre anime”. Un attico al terzo piano situato in un imponente palazzo umbertino con dei bellissimi portici in stile piemontese, per metà rosso vinaccia, in via Lungotevere dei Vallati numero due, adiacente con via dei Pettinari e parallelo con Ponte Sisto”. Quella casa “teatro della mia vita” era stata data in affitto dal Vaticano prima alla famiglia della madre di Carlo, gli Schiavina, nel 1930 e poi al padre del regista, Mario, e fu riconsegnata al Vicariato di Roma dopo la sua scomparsa. Mario Verdone in segno di rispetto per quella casa che lo aveva accolto dopo il matrimonio con Rossana, non aveva mai voluto togliere dalla porta di legno di noce a due ante le due targhe che “portavano sia il cognome di mio padre che quello di mia madre”. Ottant’anni di vita di un luogo “che ha visto un’infinità di persone e storie piene di voci” che Carlo Verdone ha voluto salutare a modo suo un pomeriggio piovoso di metà aprile del 2010 girando, proprio nel posto che aveva visto nascere il suo genio artistico, un piccolo filmato di venti minuti raccontando stanza per stanza la storia di un appartamento. La casa nel giorno della riconsegna delle chiavi era vuota, spoglia di mobili, ma nello studio di Mario Verdone, professore di Storia e critica del cinema, nella porta a vetri che portava in salotto, c’era ancora quel buco nel quale il bambino Carlo “potevo osservare di nascosto ciò che accadeva nel salotto quando i miei invitavano gli amici”. In quel momento mentre “l’assenza del mobilio aveva modificato la sonorità”, Verdone salutava per l’ultima volta “un luogo che meritava un profondo rispetto”, “respiro dei miei adorati genitori”. Ascoltando Are you experienced di Jimi Hendrix il regista era consapevole che “stavo iniziando a girare il mio film più importante e sofferto”.

In quell’attico “di rara poesia” nel rione Regola, Carlo Verdone spesso prima del trasloco era tornato a visitare l’appartamento ritrovando antichi odori, ripensando a vecchi rumori: il tic tac della macchina per scrivere nello studio del padre, la musica sparata a tutto volume dal “mio fido giradischi Dual” proveniente dalla sua camera, le telefonate della madre alle amiche e il cicaleccio della sorella Silvia insieme alle compagne di scuola chiuse nella camera della ragazza. Dove ancora riecheggiavano risate e sorprese, l’autore tornava con la mente a quando nei suoi fulgenti vent’anni da solo immerso in una “solitudine contemplativa” o in compagnia dell’amico del cuore Giovanni Baldi, ammirava “scorci e dettagli della mia città da quel punto privilegiato”. Dal classico terrazzo romano ad angolo retto, allietato da molte piante tra le quali una vite americana, si potevano ammirare il risorgimentale colle del Gianicolo, “il Tevere, san Pietro, Palazzo Farnese, la Sinagoga e anche i Castelli Romani”. Ecco il suggestivo faro che “emanava a ripetizione tre colori di luce: rossa, verde, e bianca”. Quanti personaggi della cultura e del cinema hanno suonato il campanello di casa Verdone “una piccola testa di leone in ottone, con un buco nella bocca dove c’era il pulsante”? Innumerevoli: Pier Paolo Pasolini, Pietro Germi, Cesare Zavattini, Roberto Rossellini, Alberto Lattuada, Alessandro Blasetti, Leonard Bernstein e tanti altri. Franco Zeffirelli spingeva il campanello con “due trilli brevi, quasi operistici”, Federico Fellini invece, “voleva essere atteso al portone di casa e accompagnato a piedi su per le scale, perché pauroso dell’ascensore”. Indimenticabili le serate a casa Verdone e il teatrino “risalente all’ottocento e appartenente a mia nonna” che mamma Rossana allestiva in corridoio nel periodo di carnevale insieme all’amica Vera Spinedi. Come non diventare attore e regista quando fin da piccolo si è respirata la magia del mondo di celluloide e quando di fronte alla finestra del piccolo Carletto abitava il grande Albertone?”. “Sordi non ha eredi, Solo spettatori ammirati dalla sua arte sublime. Io sono uno di questi”.

Moltissimi sono gli aneddoti contenuti nel volume corredato da foto di famiglia e curato da Fabio Maiello, nel quale il lettore avrà modo di ritrovare ancora una volta l’anima sensibile di Verdone. Un’originale rilettura della storia del nostro Paese e insieme “storia di una grande famiglia italiana” e della sua abitazione “piena di voci, allegra, signorile, poetica”. Un Amarcord in puro stile Verdone, venato di malinconia, nostalgia, rimpianto e anche tanto divertimento (mitici i tanti scherzi del discolo Carlo ai danni del padre). Non un’autobiografia ma semplicemente la casa della vita di Carlo Verdone. “La mia vita sarà sempre legata al suo ricordo e al suo robusto, profondo abbraccio”.

Il libro La casa sopra i portici uscito nelle librerie il 29 febbraio scorso, che a solo una settimana dalla sua pubblicazione ha già venduto 80mila copie ed è alla sua sesta ristampa, viene presentato da Filippo La Porta oggi 7 marzo alle ore 18 presso La Feltrinelli – Libri & Musica, alla Galleria Alberto Sordi 34/35. Modera Fabio Maiello alla presenza dell’autore. L’incontro si terrà all’ingresso della Galleria.

Carlo Verdone, nato a Roma nel 1950, è attore, regista, sceneggiatore. Figlio del celebre storico del cinema Mario Verdone consegue, nel 1974, il diploma di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, sotto la direzione di Roberto Rossellini. Nel 1975 si laurea in Lettere Moderne, presso l’Università di Roma La Sapienza, con una tesi su L’influenza della letteratura italiana sul cinema muto. Tra il 1970 e il 1975 realizza cortometraggi sperimentali in super8 (Poesia solare, Allegoria di primavera, Elegia notturna) e documentari (Il castello nel paesaggio laziale, L’Accademia Musicale Chigiana). Dopo alcune esperienze teatrali in ambito universitario, nel 1977 esordisce sul palcoscenico con lo spettacolo Tali e quali (Teatro Alberichino), al quale seguiranno Rimanga fra noi (Teatro Alberico, 1977) e Senti chi parla (Teatro Piccolo Eliseo, 1980). Dopo l’esordio in televisione nel fortunato varietà di Enzo Trapani Non stop (1978), avviene l’incontro decisivo per la sua carriera: quello con Sergio Leone, dal quale scaturiscono Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone. Da quel momento i suoi successi cinematografici, spesso in bilico tra comicità e intimismo, non sono mai finiti: Borotalco, In viaggio con papà, Io e mia sorella, Compagni di scuola, Maledetto il giorno che t’ho incontrato, Al lupo al lupo, Perdiamoci di vista, Viaggi di nozze, L’amore è eterno finché dura, Manuale d’amore, Il mio miglior nemico, Io loro e Lara, fino al recente Posti in piedi in paradiso.

Autore: Carlo Verdone

Titolo: La casa sopra i portici

Editore: Bompiani

Anno di pubblicazione: 2012

Prezzo: 18,00 Euro

Pagine: 282