“La zia e L’Estetica Perbenista“, ossia un editore non modaiolo, excelsior1881 di Milano, verosimilmente fiero del suo tratto differente rispetto ai libracci da supermercato (basta dare un’occhiata alla copertina) per uno scrittore fuori dal mainstream, Tommaso Labranca, per un personaggio, la zia Elsa Rundheim vedova Tirlaghi che è dichiaratamente più un modello estetico-sociologico che un vero personaggio da racconto.
Un progetto editoriale che è in sé, nella sua fattura, un esempio di ciò che viene significato dal titolo e dentro il libro.
Diciamolo subito, l’Estetica Perbenista in carico all’operazione – e con tutta evidenza sommamente al saggista e narratore sui generis Tommaso Labranca che l’ha immaginata – non è reazionaria né passatista. Inevitabile semmai, tesa com’è a sfrondare il campo dalle rovine antiborghesi che una certa maniera sedicente trasgressiva ma più svaccata che critica ha portato ormai a un grado zero di tollerabilità.
L’Alieno che è in noi secondo Labranca dovrebbe rassegnarsi alla sconfitta di un modello apocalittico tanto enfatico quanto vuoto, involontariamente comico – nel suo caso, non ne può più di se stesso, difatti. E spera di farsi fuori del tutto il prima possibile. Meglio essere consapevoli che il tempo è arrivato. L’Alieno diverso per forza, per “etichetta”, è alla frutta, non è niente di più che uno pseudo-contestatore che ama Ozpetek e in fondo non capisce che non è tanto diverso da Susanna Tamaro.
La zia Elsa Rundheim, tradizionalista e modernista insieme, moderatamente affidata a un nume tutelare del tipo Luchino Visconti – invece è ben più fica di Cattelan, per dire, almeno dei suoi fan. Più sveglia, più sobria, meno succube del nulla spacciato per arte o design o chissà cos’altro: non sta lì boccalona a bersi o a sciropparsi le fesserie che “fanno tendenza”. Non lo sviluppa questo aspetto del discorso, Labranca, non gli interessa – ci vorrebbe Perniola o basterebbe Panarari: dico l’incrocio patetico fra i cascami della vecchia cultura freak-situazionista e il brillio della futilità modaiola e molto danarosa che pensavano di osteggiare.
Però c’è abbastanza da studiare già così. Oh, niente di rivoluzionario, sia ben chiaro, nemmeno alla rovescia. James Last al posto di quel pasticcio indigeribile, inguardabile, inascoltabile che si chiama Giovanni Allevi (sincera pena per i suoi fan). La donna di servizio veneta al posto della colf ucraina. La Settimana enigmistica in luogo del Sudoku. La pesca di beneficenza invece degli Sms solidali. La nostra zia non fa troppo rumore, il denaro lo spende se e come serve, tiene alla qualità che non può essere disgiunta da un’eleganza con qualche probabilità di durare. Recupera direi un certo classicismo non puramente formale ma che sintetizzi bello e utile. Si ribella al regime del transitorio, dell’effimero che costa pure tanti soldi. Un cappotto di astrakhan, quello fa al caso suo.
Che non si tratti di un mero movimento reazionario ce lo dice la possibilità che si concede questa saggia zia di guardare altrove – o di realizzare impensabili convergenze. Contro la moda etnica in cui va bene qualsiasi chincaglieria, anche lì bisogna imparare a scegliere. Il wabi sabi per esempio. Quanta sobrietà c’è da imparare in quel Giappone severo: la venerazione per il vecchio, l’usato. Ma anche quella è un’apparenza, perché la natura più profonda del wabi sabi è un’altra: accogliere un principio terribile anche per la zia Elsa: le cose sono transitorie, nulla è durevole, nulla è perfetto. Vero, qui dell’entropia non ci si compiace, la discrezione sostituisce la scaciatezza, però: non è che l’Occidente come lo giri lo giri non ha più speranze?
Tommaso Labranca è nato a Milano nel 1962. Come scrittore ha pubblicato tra gli altri “Andy Warhol era un coatto (Castelvecchi, 1994); “Charltron Hescon” (Einaudi Stile Libero, 1999); “Neoproletariato” (Castelvecchi, 2002); “Il Piccolo Isolazionista” (Castelvecchi, 2006). E’ anche attivo come autore televisivo e ha condotto per due anni una particolare rassegna stampa mattutina su Play Radio. Cura una rubrica su FilmTV, scrive per le pagine culturali di Libero, collabora con le riviste Max e Oggi.
Autore: Tommaso Labranca
Titolo: Astrakhan – La zia e l’Estetica Perbenista
Editore: Excelsior1881
Anno di pubblicazione: 2011
Prezzo: 14,50
Pagine: 192