È un perfetto romanzo americano, commovente e splendido, “Una lezione prima di morire” (Mattioli 1885, 2010) di Ernest J. Gaines. Scritto dall’autore afroamericano, in un certo senso autobiografico perché ambientato nella Louisiana della segregazione razziale, dove Gaines è nato nel 1933, durante la Grande Depressione, e vissuto ai margini di una piantagione dove lavoravano figli di schiavi, “Una lezione prima di morire” è una sconvolgente difesa della vita e della dignità umana di fronte all’arbitrio della pena di morte.
L’eroe del romanzo di Gaines è Jefferson, un adolescente di colore condannato a morte ingiustamente nella Luoisiana degli anni ’40. Grant Wiggins, giovane insegnante di scuola elementare, nero come lui, viene mandato dalla madrina del ragazzo a incontrarlo durante il mese precedente all’esecuzione, per insegnargli, nonostante tutto, a camminare a testa alta e con dignità. Ad essere eroe davanti a uomini bianchi che hanno il potere di decretare la vita e la morte ma eroi non saranno mai: “Sai che cos’è un eroe, Jefferson?Un eroe è qualcuno che fa qualcosa per gli altri. Fa qualcosa che gli altri uomini non sanno e non possono fare. È diverso dagli altri uomini. È al di sopra degli altri uomini” dice Grant a Jefferson, rompendo uno dei lunghi silenzi dei loro incontri in cella. “Non importa chi siano questi altri uomini e non importa chi sia lui, l’eroe; è al di sopra di loro”.
Il romanzo di Gaines, arricchito dalla postfazione di Christine Weise, Presidente di Amnesty International Italia, non è una difesa dei neri contro i bianchi, pur essendo ambientato in anni durissimi per gli afroamericani. Non è il romanzo di una minoranza schiavizzata, oppressa, umiliata, ammazzata nelle prigioni dei bianchi. C’è anche questo, ma non solo questo. “Una lezione prima di morire” è pima di tutto, nella precisione della sua scrittura quasi senza aggettivi, la difesa lucida ed estrema della dignità umana: quella di Paul, l’assistente bianco dello sceriffo, quella del maestro Wiggins che è profondamente uomo e debole, a tratti persino meschino come ogni uomo di fronte alla morte.
E la dignità di Jefferson, che non è mai stato niente ed è chiamato a essere uomo, anzi eroe per la prima e ultima volta: “Chi mai ha portato la mia croce?” chiede a Wiggins prima di morire. “Mia madre? Mio padre? Mi hanno abbandonato quando non ero ancora niente. Ancora adesso non so dove sono. Sono andato nel campo a sei anni, a guidare quella vecchia innaffiatrice. (…). Sì, sono umano signor Wiggins. Ma nessuno lo sapeva fino ad adesso. Imprecare per niente. Agitarsi per niente. Lavorare per niente. Sorridere per potersela cavare. Anche tu signor Wiggins, non hai mai pensato che io fossi altro. Ora tutti voi volete che io sia migliore di chiunque altro”.
Gaines non dà risposte. Come sanno fare i grandi scrittori americani, lascia intuire attraverso i gesti e le azioni, da pochi particolari: la pioggia nella piantagione, le strade fangose e vuote, il silenzio della città pochi minuti prima dell’esecuzione, le parole semplici di Jefferson nel quaderno che farà mandare a Wiggins prima di morire: “comincia il giorno/il sole viene su/gli uccelli sugli alberi sono uccelli tristi”. Ma dietro le frasi secche di Gaines c’è tutto il senso, la ricerca del senso dell’essere uomini.
Ernest J. Gaines è nato nel 1933 in Louisiana. Testimone e vittima di numerosi episodi di razzismo, frequentò i primi sei mesi di scuola presso la chiesa della piantagione in cui viveva prima di trasferirsi in California e frequentare il corso di scrittura creativa dell’Università di Stanford. Per due volte candidato al Premio Pulitzer, è stato insignito della National Humanities Medal dal Presidente degli Stati Uniti. Vive in Louisiana con la moglie, nella piantagione dove è nato e cresciuto.
Autore: Ernest J. Gaines
Titolo: Una lezione prima di morire
Editore: Mattioli 1885
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 18 euro
Pagine: 253
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