In “Alberto Sordi l’italiano“ (Armando Curcio) di Giancarlo Governi, l’attore descrive la sua vocazione “ogni occasione era buona per esibirmi, per mostrare le mie capacità di attore, per stabilire un contatto con altri (…) il mio pubblico”.
“Ad Alberto, Maestro e Amico”, questa è la dedica che Governi pone all’inizio del libro: un omaggio all’attore che oggi avrebbe compiuto novant’anni, scomparso il 25 febbraio del 2003. Viene raccontata l’amicizia tra Governi e Sordi nata alla fine degli anni Settanta “davanti alla moviola o al bar della Safa Palatino… nel cuore della Roma archeologica” durante la preparazione del programma televisivo Storia di un italiano. Il programma della domenica sera di Rai 2 nel quale Sordi era autore, ideatore e regista con la collaborazione di Giancarlo Governi per le prime tre serie e di Nicoletta Leggeri per la quarta. Attraverso un’accurata selezione a temi di spezzoni dei numerosi film dell’attore/regista a partire dal 1979 e fino al 1986 per 32 puntate il pubblico televisivo rivedeva se stesso nelle figure dell’italiano medio con i suoi vizi e le sue virtù protagonista di pellicole che hanno fatto la storia della commedia italiana.
La vita di Sordi fu “dedicata al lavoro e segnata dalla rinuncia a una famiglia propria”. I suoi figli furono i suoi film che custodiva gelosamente. Sordi preferiva quei film che avevano saputo raccontare il nostro paese come La grande guerra, Tutti a casa, Una vita difficile, Polvere di stelle, Un americano a Roma. Il cursus honorum dell’Italia vista nei suoi momenti cruciali dal dramma bellico alla ricostruzione, dal vogliamo vivere all’arte di arrangiarsi, dall’effimero boom degli anni Sessanta alla crisi degli anni Settanta/Ottanta. Crisi culminata con la splendida interpretazione in Un borghese piccolo piccolo (Mario Monicelli 1977), una summa dei precedenti personaggi, il quale in un secondo perde la sua ragione di vita, il suo futuro e tutte le sue speranze.
Un’amicizia quella tra Governi e Sordi durata un quarto di secolo dove l’autore tra le altre cose scoprì che la presunta avarizia dell’attore era un bluff “sono stato arricchito dalla povera gente che faceva sacrifici per venire a vedere i miei film, mi sarebbe sembrato di offenderli se avessi ostentato la mia ricchezza”. Nel volume l’autore ricorda con l’aiuto di Sordi gli anni dell’esordio nello spettacolo, figlio di Pietro professore di musica e suonatore di bombardino nell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e di Maria Righetti insegnante elementare. Il popolare quartiere di Trastevere fu il primo palcoscenico dell’attore, soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina fino a quando gli uscì una voce profonda da basso, insolita per un ragazzino di quell’età. Tragicomico il ricordo della sua prima esperienza cinematografica come comparsa tra le tante nel kolossal Scipione l’Africano di Carmine Gallone nel ’37 “Ci radunavano alle quattro del mattino a piazza Tuscolo. Alle cinque i camion ci portavano fuori Roma nei prati dove avevano costruito gli accampamenti. Quelli che avevano un po’ di forze potevano trattenersi per il turno di notte… Le comparse venivano scaricate dal camion come merci e divise in romani e cartaginesi. Se eri romano dovevi stare attento a non finire in mezzo ai cartaginesi, sennò t’arrivava ‘na tortorata in testa che ti spaccava il cranio. Durante la lavorazione del film ci furono decine di morti”.
In quel periodo l’attore stava sempre in giro in cerca di ingaggio nei punti dove si ritrovava la gente di spettacolo come la Galleria Colonna a Roma ora chiamata Galleria Alberto Sordi. L’attore da questi ricordi trasse spunto per girare e interpretare Polvere di stelle (1973) omaggio a una coppia di attori dell’avanspettacolo, lei Monica Vitti, i quali durante la II Guerra Mondiale tentano di sbarcare il lunario tra mille disavventure. Verrà poi il successo come doppiatore di Oliver Hardy (Ollio), il teatro di rivista come ballerino di fila nella compagnia Riccioli/Nanda Primavera. Finita la guerra la radio fu il primo amore di Sordi per la quale creò personaggi divenuti popolarissimi autentiche parodie come il conte Claro, il compagnuccio della parrocchietta petulante e noioso giovanotto dai modi affettati ripreso nel film Mamma mia che impressione (1951) innamorato non corrisposto della signorina Margherita. Come scordare Mario Pio? “Pronto, pronto Mario Pio! Con chi parlo, con chi parlo io? Lei è la signora Porta? Chi quella che ha una gamba più lunga e una più corta?”. E una risata liberatoria si univa a quella dell’ascoltatore radiofonico.
In quasi 170 film Alberto Sordi ha dato vita alle più svariate figure di uomini, italiani come noi: soldati in guerra, mariti in cerca di avventure galanti, vedovi inconsolabili ma non troppo, incompresi, vinti, sbruffoni, vigliacchi e desiderosi di riscatto sociale. Un vigile troppo zelante, un medico della mutua in cerca di pazienti da curare, un simpatico ladro e un paradossale mafioso. Il Tenente Innocenzi di Tutti a casa (Luigi Comencini 1960) ritratto con la sua ironia, pietas e la sua presa di coscienza finale, non più soldato ma uomo che combatte per liberare la sua terra dall’invasore.
La grande guerra (Mario Monicelli 1959) due piccoli soldati di fronte alla vastità del dramma e il loro riscatto finale. Capolavoro assoluto del cinema italiano, la vita di trincea di Osvaldo Iacovacci (Alberto Sordi) e Giovanni Busacca (Vittorio Gassman), Leone d’oro al Festival di Venezia del ’59. Un americano a Roma (Stefano Vanzina 1954), Nando Mericoni sogna l’America conosciuta attraverso il cinema, le riviste e i fumetti. Satira di costume dell’Italia del dopoguerra della quale Santi Bailor è un perfetto rappresentante “Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo adesso, maccarone! Io me te magno, ahm!”. Una vita difficile (Dino Risi 1961). L’ex partigiano Silvio Magnozzi non si riconosce nell’Italia uscita dal dopoguerra. Il mondo nuovo arrivista e materialista non fa per lui come i compromessi che è costretto a subire. Sarà uno schiaffo liberatorio a far cambiare le cose, a farlo sentire di nuovo un uomo libero. Il Marchese del Grillo, (Mario Monicelli 1981) nel quale Sordi “riesce a soddisfare l’ambizione di tutti i grandi attori dall’epoca di Plauto, quella dello sdoppiamento”. Nobile è il Marchese Onofrio e plebeo è il carbonaio Gasperino “abbrutito dalla miseria e dal vino”.
Alla fine del volume appaiono le testimonianze di Ettore Scola, Furio Scarpelli, Carlo Verdone “non mi sono mai sentito artisticamente figlio di Sordi perché lui è unico. Io faccio un’osservazione più bonaria e indulgente, poi Sordi è irripetibile”, Luigi Magni e Giovanna Ralli. Completano il libro una carrellata di foto e la filmografia dell’attore. “Uno normale, con la faccia normale come avevo io, non faceva ridere nessuno. Dovevo puntare su senso critico e autocritico del pubblico italiano, che nel dopoguerra, con lo sviluppo e l’affermarsi della cosiddetta commedia all’italiana, ha dimostrato di saper ridere di se stesso, del suo voler sempre essere all’altezza senza però uscire mai dalla dimensione provinciale”.
Giancarlo Governi è nato a Roma il 16 giugno 1939. Scrittore, giornalista, regista e autore televisivo italiano. Per la Rai ha lavorato come capostruttura e autore nel settore dello spettacolo leggero e della fiction. Ha creato un genere, quello dell’antologia dedicata ai grandi del cinema e dello spettacolo italiani e stranieri. Per Rai 2 e Rai 3 ha realizzato una cinquantina di Ritratti dedicati ai grandi personaggi dello spettacolo e dello sport. Ha pubblicato una ventina di libri tra i quali Alberto Sordi, un italiano come noi (Rizzoli), Vita di Totò (Rusconi), Laurel & Hardy (Nuova Eri), Parlami d’amore Mariù (Gremese), Nannarella, il romanzo di Anna Magnani (Minimum Fax).
Autore: Giancarlo Governi
Titolo: Alberto Sordi l’italiano
Editore: Armando Curcio
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 14,90 euro
Pagine: 191