“Dalla colite non si guarisce” (Edicom, 2009), opera prima della scrittrice esordiente Barbara Najarian, ha il raro pregio di affrontare il tema universale dell’Amore con uno stile ironico e graffiante. L’io narrante ha il carattere e le sembianze di Carla, giovane insegnante in un istituto privato, che da diverso tempo vive una relazione sentimentale sbagliata con Giampiero. Sbagliata perché Giampiero non la merita, ma soprattutto non la ama.
Carla lo sa, come in fondo sa che lei stessa per prima non prova amore per quel ragazzo così distante dalla sua anima: “Spesso mi rendevo conto che in tutte le situazioni difficili della mia vita, in tutte le decisioni importanti, ero comunque sola”. A scandire la sua esistenza di insegnante precaria e donna insoddisfatta una fastidiosa colite cronica, quasi a sottolineare, con quel persistente gonfiore addominale, il senso di disagio, fisico e psichico, per quella relazione senza futuro. Gli inequivocabili segnali della fine sono lì, proprio davanti ai suoi occhi, ma la paura di restare da sola e di affrontare la vita senza la presenza, per quanto infelice, di un compagno hanno la meglio. E così passano cinque lunghi anni, al termine dei quali la rottura della storia è ormai inevitabile. Carla si ritrova a vivere, suo malgrado, la tanto temuta solitudine propria dell’essere single, quel sottile confine tra libertà e malinconia che spinge gli orfani dell’altra metà della mela a scorribande notturne alla ricerca dell’anima gemella. Sarà la sua amica Federica, immune dall’angosciante ticchettio dell’onnipresente orologio biologico ed esperta di incontri con l’altro sesso, ad accompagnare Carla in questa fase di transizione.
È qui che l’autrice raggiunge il picco comico della sua verve comunicativa, regalandoci una galleria di uomini davvero esilarante: dall’animatore del villaggio turistico votato al rimorchio perenne, al finto intellettuale. Incontri-scontri che non sortiscono effetto alcuno sulla solitudine di Carla e, se possibile, aumentano la sua rassegnazione. A riscattare un genere maschile non proprio edificante, dulcis in fundo, arriva lui, Pietro. Ovvero il sogno impossibile che si realizza: “Non era solo bello, era esattamente il mio tipo. I suoi occhi avevano accarezzato la mia anima, i suoi sorrisi avevano scatenato una tempesta nei miei sentimenti”. La colite torna a colpire, questa volta con sintomi scatenati dall’emozione che solo un sentimento profondo è in grado di dare.
Carla si accorge che amare è ancora possibile, che l’incontro di anime tanto atteso è finalmente avvenuto. I suoi occhi spenti tornano a brillare di una passione nuova e il suo cuore a palpitare di gioia per un amore a lungo desiderato. Il lieto fine è scontato. Meno scontato, invece, il messaggio che l’autrice affida a queste pagine. È incredibile come a volte si scelga la persona sbagliata, ci si viva insieme per anni e si annienti la propria felicità. Mai accontentarsi dunque, perché c’è un Pietro per ognuno di noi. Basta non arrendersi e saperlo cercare.
Barbara Najarian è nata nel 1971 a Roma da padre italiano e madre armena dell’Iran. E’ tra i fondatori del periodico “Akhtamar”, che racconta le storie di armeni della diaspora scritte da figli e nipoti di sopravvissuti alle epurazioni turche del 1915. Insegna negli istituti superiori. Dalla colite non si guarisce è il suo primo romanzo.
Autore: Barbara Najarian
Titolo: Dalla colite non si guarisce
Editore: Gruppo Edicom
Anno di pubblicazione: 2009
Prezzo: 15 euro
Pagine: 278
* Diritti del pezzo attribuiti a Valeria Nevadini