“Ai nostri figli/Che possano sapere/Che possano capire/Che possano ricordare” è la dedica del prezioso volume iconografico Al termine del binario: Auschwitz di Aldo Navoni e Federica Pozzi (Linea edizioni 2018), che con immagini e parole prova a descrivere e raccontare ciò che non si può descrivere, che non si può raccontare: il campo di concentramento di Auschwitz.
Perché Auschwitz va anche visto, nelle parole di chi l’ha vissuto, come Elie Wiesel racconta nel suo capolavoro La Notte (“Mai dimenticherò quella notte (…)/Mai dimenticherò quel fumo”) e nelle immagini in bianco e nero che raccontano l’orrore del campo e le storie di uomini e donne, prigionieri e prigioniere. Un orrore che passa dagli oggetti, oggetti muti, inanimati, eppure mai così capaci di parlare: torrette, filo spinato, vagoni, baracche, latrine, i contenitori del famigerato gas “Zyklon B” che veniva usato nelle camere a gas. E poi la tenerezza degli oggetti dei prigionieri, i cumuli di scarpe, i cappelli. Tutine da bambini, calze bucate. I binari, i vagoni da cui si scendeva per non tornare più.
“Fate Silenzio” intima la scritta sul muro di una delle baracche di Birkenau. “Sono proprio il silenzio e la quiete a colpire il visitatore quando giunge al campo di Birkenau” scrivono gli autori. “Sarà perché sono le otto del mattino, sarà per via del freddo più che pungente, ma il silenzio che ci avvolge è davvero penetrante. Non ci si aspetta di arrivare qui e trovare silenzio, quiete, erba verde e lepri che corrono via veloci. Non ci si immagina un silenzio così, perché è un silenzio che esiste solo qui. È fine, morte. È la voce, il grido totale e assordante di chi, qui, doveva fare silenzio, silenzio e morire”.
Un volume prezioso, tragico e bellissimo, Al termine del binario: Auschwitz aiuta a non dimenticare, a trasmettere la memoria e il ricordo, che, come scrive all’inizio del volume Piotr M. A. Cywinski, Direttore del Museo e del Luogo della Memoria Auschwitz-Birkenau, è “non tanto il pianto sull’indifferenza di ieri, quanto l’imperativo morale per costruire responsabilmente un domani comune e dignitoso”.
Aldo Navoni nasce a Milano l’1 aprile 1960 da madre venezuelana e padre italiano. Sin da giovanissimo si appassiona al mondo della fotografia e a 13 anni installa in casa la sua prima camera oscura. E’ laureato in farmacia e affianca alla professione farmaceutica il lavoro fotografico. Vive a Venezia. Diverse sono le collettive fotografiche a cui ha partecipato, oltre alla prima personale “Venice Graffiti” presso la residenza Ca’ Gottardi.
Federica Pozzi vive e lavora a Venezia come insegnante. Da sempre appassionata di letteratura, ha organizzato conferenze e incontri presso la libreria di cui era proprietaria e ha collaborato con diverse riviste. Per due anni è stata Presidente del Lions Club Angelo Partecipazio per il quale ha organizzato eventi e conferenze di carattere sociale e culturale.
Autori: Aldo Navoni, Federica Pozzi
Titolo: Al termine del binario: Auschwitz
Editore: Linea Edizioni
Anno di pubblicazione: 2018
Pagine: 172
Prezzo: 25 euro