Reduce dal riuscitissimo Reparto Amleto, andato in scena al Teatro India di Roma dal 9 al 14 gennaio, abbiamo rivolto alcune domande a Lorenzo Parrotto.
Lorenzo Parrotto, classe 1993, attore. Quanto è stato difficile raggiungere questo obiettivo e cosa ci puoi raccontare della formazione avuta presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”?
L’esperienza in Accademia è stata importantissima: essere “reclusi” in quel luogo per mettere alla prova la tua passione, la tua dedizione ma soprattutto la tua voglia di cominciare questo mestiere è fondamentale. Più che obiettivo io parlerei di una condizione: è sempre importante considerare tutti i risultati raggiunti, piccoli o grandi che siano, dei punti di partenza.
Un 2017 finito alla grande. La partecipazione a Ragazzi di vita, spettacolo teatrale al Teatro Argentina diretto da Massimo Popolizio con la partecipazione di Lino Guanciale. Cosa ti porti dietro di quell’esperienza al contatto con due personaggi importanti nel panorama artistico italiano?
È stato il mio debutto dopo gli anni d’Accademia. È stata un’esperienza fantastica. Massimo è stato esigente sin dal primo giorno di prova, da come si può notare, la sua regia è stata molto forte. Da Lino, come dagli altri 18 attori con cui ho lavorato, ho imparato e “rubato” tantissimo. Mi piace ripetere che i premi conferiti a questo spettacolo sono il frutto di più di un rischio: aver scommesso su giovani attori e aver portato in scena uno scrittore non sempre amatissimo. Nel 2019 partiremo con la tournée, debbutando al Piccolo di Milano.
In Reparto Amleto, andato in scena dal 9 al 14 gennaio 2018 al Teatro India di Roma, interpreti il medico dell’ospedale. Ci racconti qualche aneddoto dietro le quinte dello spettacolo e come nasce il tuo personaggio?
Il personaggio del medico nasce, come gli altri, già nell’idea iniziale di Lorenzo (Collalti). Inoltre, penso di poter dire, anche da un’esigenza di struttura. All’interno di questa drammaturgia viene ricreato un equilibrio “shakespeariano”: un personaggio centrale come quello di Amleto, due personaggi più umili come i portantini (che possono essere un rimando a Rosencrantz e Guildenstern o ai becchini) e, infine, un’ultima figura, più alta, aulica, come può essere quella del medico (un rimando a Claudio, o a allo stesso Polonio).
Un gioco delle parti diventa possibile, grazie a questi contrasti. Poi dietro le quinte accade la qualunque: prima di essere colleghi siamo grandi amici.
L’Uomo di Fumo è la compagnia teatrale di cui sei vice presidente. Come è nata l’idea di questa associazione? E, soprattutto, cosa significare condividere l’esperienza professionale in questa età e non pensare soltanto a guadagnarsi un palco singolarmente?
Quando racconto la storia di questa compagnia mi piace partire dicendo che il gruppo, in questo caso, è una componente imprescindibile. L’idea di fondare una compagnia è nata intorno al 2015, durante gli anni d’Accademia, subito dopo il debutto di “Nightmare N.7” al Festival di Spoleto. Lo scorso anno ci siamo costituiti e fino ad ora è stata un’esperienza davvero appagante, sebbene molto dura. Sembra un paradosso, ma il singolo in alcuni casi riesce a spiccare proprio grazie al gruppo, a tutti coloro che lo sorreggono. Le due cose in questo caso vanno di pari passo.
Studio e ambizione. Cosa c’è nel presente di Lorenzo Parrotto e cosa ti aspetti da questa professione?
Quando penso al futuro mi viene da lavorare sodo sin dal presente. Da e per questa professione, da e per chi ne decide ormai da anni la natura, vorrei che ci fosse una tutela maggiore, oltre che una riconoscenza. In altri paesi, non lontano da noi, l’attore rimane una grandissima figura di riferimento, e la scelta della sua professione è rispettatissima.
Un sogno nel cassetto. Qual è l’attore con cui vorresti recitare e il regista da cui vorresti essere diretto?
Non lo dico, sennò non si avvera. Nonostante non sia cresciuto in una famiglia superstiziosa, rimango molto scaramantico quando si tratta di sogni.
In ultimo: tre aggettivi per definire il mestiere di attore.
Imprevedibile, pericoloso, vero.