Il mio viaggio a Roma

viaggio roma zolaÈ con il suo sguardo da giornalista che Émile Zola scrisse Il mio viaggio a Roma (Intramoenia 2013), città dove lo scrittore, giornalista, saggista, critico letterario e fotografo giunse nel 1894, “questa mattina alla sette dopo aver attraversato la campagna romana”, accompagnato dalla moglie per trattenersi un mese.


Molto noto in Europa, Zola sentiva la necessità di conoscere l’Urbe, il suo tessuto urbanistico, i monumenti e soprattutto il suo spaccato sociale, perché intendeva ambientare un suo prossimo romanzo a Roma il cui protagonista sarebbe stato un prete, Pierre Froment, alla ricerca di una fede perduta. La prima tappa era stata il Campidoglio, “Il Marcaurelio è superbo, forte e potente”, nel pomeriggio “grande corsa attraverso Roma, per un primo colpo d’occhio” da cui Zola comprese che Trastevere era da rivedere con più calma. Piazza San Pietro è maestosa ma “la cupola è troppo arretrata”. Zola e signora erano stati ricevuti dall’ambasciatore a Palazzo Farnese che “possiede saloni magnifici”.

Il celebre autore aveva trovato bella la sistemazione di Piazza del Popolo mentre il Pincio “è di un grazioso gusto italiano” dalla cui terrazza “si gode una bella vista su Roma, con le cupole e le chiese e in fondo si staglia San Pietro”. Piazza di Spagna era stata di suo gusto dato il grazioso effetto artistico (alla francese). In una splendida mattina di ottobre, che un leggero vento proveniente da nord rendeva il cielo azzurro e terso, Zola, come il più bravo delle guide turistiche, rimirava e illustrava a un probabile turista dal colle del Gianicolo, il panorama che gli si allargava dinanzi: Testaccio a destra, dal colore viola scuro sullo sfondo della campagna romana, l’Aventino con le sue tre chiese all’ombra che si staglia sullo sfondo chiaro dei monti Albani e il Palatino con i suoi cipressi.

Lo scrittore visitò anche il nascente quartiere sito ai Prati di castello e qui ne aveva denunciato la speculazione sulla vendita dei terreni per mano di una borghesia affaristica ma incompetente. Al Foro romano, “piccolo e grigio”, lo scrittore vi aveva trascorso una giornata intera con l’intento di “evocare la grandezza e la potenza romana”, dove più sorprendente di tutto gli era apparsa la Basilica di Costantino con i suoi tre enormi atri. Il Colosseo è come un pizzo di pietra con tutte le sue aperture sul cielo capitolino. Zola era tornato al Pincio per vedere il sole tramontare dietro San Pietro le cui finestre quadrate sotto la cupola si facevano rosse come bocche di fornace.

Oggi come allora la domenica, questo luogo molto caro ai romani, era pieno di gente e un’orchestrina suonava “una musica terribile”. Alcuni passi ed ecco Villa Medici con la “sua strana forma” e il suo giardino all’italiana con alti bossi e con i pini marittimi. Zola confessava che la villa era deliziosa con lo splendido orizzonte di Roma davanti. Lo scrittore si era informato che la Capitale in circa venti anni aveva raddoppiato il numero della sua popolazione anche grazie al “governo che ha portato sessantamila persone”.

Zola aveva compreso che il romano da gran signore, non si lasciava disturbare da mezzogiorno alle tre all’ora del pranzo e cosa ancora più importante che tutto procede lentamente “si cercherà di terminare le opere e si aspetterà”, sembrano esserci solo progetti destinati ad arenarsi. Zola aveva colto l’annoso problema della Capitale: Roma antica costretta a diventare una Roma moderna. Nel suo taccuino di appunti l’autore verga analiticamente e con freddezza le sue impressioni da autentico cronista ma di fronte a tanta stupefacente bellezza, fra le interessanti pagine del suo notes, non può che rivelarsi l’emozione per la Città Eterna.

“L’orgoglio ha sognato quello che la realtà non può realizzare. Che caso stupefacente e interessante, che pagina di storia naturale della città”.

Émile Zola nacque a Parigi nel 1840, figlio di un ingegnere italiano. Nel 1867 scrisse il suo primo romanzo di successo “Teresa Raquin”. Nel 1885 scrisse invece “Germinal”, un romanzo sulla vita dei minatori, che per la prima volta nella letteratura francese metteva al centro le lotte sociali. Risale al 1891 l’idea di concepire un ciclo di romanzi, la trilogia “Tre città”: Roma, Lourdes, Parigi. Appunto per preparare il romanzo “Roma”, lo scrittore si reca nella Capitale, redigendo minuziosi appunti per la futura realizzazione del libro. Nel 1898 Zola intervenne con passione nell’affare Dreyfus: a difesa dell’accusato lo scrittore scrisse la celebre lettera aperta al presidente della Repubblica col titolo “J’accuse” che gli costò un breve esilio in Inghilterra. Zola morì nel 1902, asfissiato nel sonno dalle esalazioni di una stufa.

Il mio viaggio a Roma è tradotto da Silvia Accardi.

Autore: Emile Zola
Titolo: Il mio viaggio a Roma
Editore: Intramoenia
Pubblicazione: 2013
Prezzo: 18 euro
Pagine: 160