“Mamma Vittoria parlava sempre a voce alta e squillante, degli affari suoi e di quelli di tutti”. Nelle prime pagine del romanzo Il rumore delle perle di legno, Antonia Arslan (Rizzoli 2015) rievoca la figura della madre, alta e bella, “sportivissima sciatrice e cavallerizza provetta”, che “camminava con passo spavaldo, facendo ondeggiare le gonne e traversando le stanze come un vento bizzarro, seminando ordini, consigli, suggerimenti, carezze”. Durante la II Guerra Mondiale la famiglia Arslan si era trasferita dalla città di Padova, alla campagna, nella Riviera del Brenta nella villa del nonno paterno Yerwant, vicino a Dolo. Antonia era la primogenita dei cinque figli di Khayel, “brillante chirugo” e di Vittoria, di dieci anni più giovane del marito, venuta su nel Nord da Roma. Nonno Yerwant, amava molto la sua “nuorina” come lui la chiamava, ultima figlia vezzeggiata e viziata di una famiglia di aviatori, la quale era seguita con lo sguardo da Antonia che anelava una carezza materna. Il padre invece era troppo facile da conquistare, mentre la madre era simile a una farfalla luccicante, piena di cose divertenti, perché nessuno sapeva cosa avrebbe detto il momento seguente. Vittoria sapeva di fieno e di sole, di uva matura e albicocche, era “la bellissima mamma che tutti mi invidiavano”, che aveva saputo affrontare la guerra con coraggioso militaresco brio, trasformando la sua vita in una serie di “frementi battaglie”. La battaglia per lo zucchero e per il burro, quella per il porcellino che trafugò da sola fingendosi incinta, quella per nascondere ai tedeschi la Lancia nel granaio di Dolo, lo stesso dove era stato nascosto l’aviatore inglese approdato alla villa in una serata di pioggia ancora avvolto nel suo prezioso paracadute di seta, ecc… Ma il grande merito di Vittoria, soprattutto per nonno Yerwant, era quello di non essersi macchiata dell’antica colpa. Nelle vene della nuora non scorreva neanche una goccia di sangue armeno. “Non era come lui colpevole per il solo fatto di esistere e di essere sopravvissuto”. L’alleanza tra il nonno e la “Bambina” si era stabilita una sera di aprile del 1945 durante un pesante bombardamento aereo, l’ultimo prima della fine della guerra, quando il patriarca e la nipotina erano rimasti soli nella villa di Padova, mentre gli altri componenti della famiglia più i domestici erano corsi nel vicino rifugio. Gli orrori di quella guerra disumana ricordavano a Yerwant la tragedia del suo popolo scomparso che aveva dovuto abbandonare il Paese Perduto. Il nonno aveva iniziato a raccontare e così da allora quelle storie “rimasero dentro di me, nascoste e vigili e protette nel loro cassetto segreto”.
Il rumore delle perle di legno chiude la trilogia sul genocidio armeno (La masseria delle allodole e La strada per Smirne), dedicato dall’autrice alla memoria di un popolo che subì un ingiusto massacro, sul quale è sceso nel corso di un secolo una patina di oblio. Il 24 aprile si è celebrato il centenario del genocidio del popolo armeno messo in atto dall’ex Impero Ottomano. Una lunga scia di sangue che ha comportato deportazioni, uccisioni barbare, conversioni forzate. Oggi otto milioni di sopravvissuti vivono sparsi in più di 85 Paesi, dove pur integrandosi tentano di mantenere la loro identità etnica e culturale. Una doppia appartenenza che rappresenta un arricchimento. “La parola “genocidio” ha tutto il peso di un crimine che non cade in prescrizione”, ha dichiarato recentemente in un’intervista la Arslan. Partendo da quel rumore dei lunghi fili di perle di legno che si trovavano davanti alla porta aperta del bar di Padova del signor Giacomini, che oscillavano al vento estivo, l’autrice racconta la sua vita quotidiana di “Bambina” e della sua famiglia dalla II Guerra Mondiale fino agli anni Sessanta. Un racconto evocativo, coinvolgente, ironico e malinconico, talvolta nostalgico che cattura il lettore dalla prima fino all’ultima pagina. “Tante storie, tanti colori: e io ascoltavo estasiata le sue avventure d’Anatolia, i racconti della terra dei meloni giganteschi e dei grappoli immensi”.
Antonia Arslan di origine armena è nata a Padova nel 1938, laureata in archeologia ha insegnato Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea presso l’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulle scrittrici italiane dell’Ottocento e ha tradotto il poeta armeno Daniel Varujan. Per Rizzoli ha pubblicato, nel 2004, il bestseller La masseria delle allodole, che ha vinto il Premio Stresa di narrativa ed è stato finalista del Premio Campiello, tradotto in venti lingue e diventato un film dei fratelli Taviani; nel 2009 il seguito, La strada di Smirne, e nel 2010 Ishtar 2. Cronache dal mio risveglio, sulla sua esperienza nel tunnel del coma. Gli altri suoi libri sono: Il cortile dei girasoli parlanti (2011); Il libro di Mush (2012) e i racconti del Calendario dell’Avvento (2013).
Autore: Antonia Arslan
Titolo: Il rumore delle perle di legno
Editore: Rizzoli
Pubblicazione: 2015
Prezzo: 17,00 Euro
Pagine: 182