Lacci

cover“Hai distrutto andandotene, la nostra vita con te”. Il tradimento e le inevitabili conseguenze di ciò. È Lacci di Domenico Starnone (Einaudi 2014), l’ultimo imperdibile romanzo dell’autore partenopeo. “Mi è già chiaro che hai bisogno di più libertà, ed è giusto, io e i tuoi figli cercheremo di pesarti il meno possibile”.
1974. Napoli. Vanda scrive una serie di lunghe lettere a suo marito Aldo che è andato via da casa lasciandola sola con due figli piccoli: Sandro e Anna. Vanda si sente come se Aldo gli avesse infilato una mano in gola e “tirato, tirato, tirato, fino a strapparmi quello che ho nel petto”. All’interno della gabbia della sua famiglia Aldo si considerava come in prigione, la moglie e i figli erano diventati “ingranaggi di una macchina priva di senso, costretti a ripetere per sempre gli stessi argomenti insulsi”. Questo “vuoto di senso” ha un nome: Lidia. La diciannovenne, bella e educata, ottima famiglia alle spalle, in poco tempo è diventata per Aldo talmente importante da rendersi conto di non poter più vivere senza di lei. Vanda però non si arrende gridando il proprio dolore e la propria frustrazione. Invano. “Non so, è successo”. Allora è vero, come asserisce Vanda, che il marito ha abbandonato al loro destino moglie e figli, perché per loro non c’è più spazio nella sua vita. “Vuoi lasciarti alle spalle il nostro piccolo mondo ed entrare con la tua nuova donna in quello grande”.
2014. Roma. Un’anziana coppia di coniugi al ritorno dalla villeggiatura al mare trova l’abitazione devastata, mobili e suppellettili a soqquadro, il gatto Labes (il cui nome latino nasconde parecchi significati) misteriosamente scomparso, senza che nulla sia stato rubato. La notte seguente all’effrazione il pensionato cercando di sistemare in giro ritrova delle vecchie lettere che la moglie gli aveva scritto durante i primi mesi della separazione durata cinque anni. È il momento per Aldo di ripercorrere quella scia di dolore che si era lasciato alle spalle, fatta di quei fogli che contengono “furie, suppliche e lacrime di quarant’anni prima”. Vanda arrivata a quasi ottant’anni di età confessa ad Aldo che della propria vita non le piace nulla, il fantasma di Lidia si è sempre frapposto tra loro.
2014. Roma. Due figli rievocano il fallimento del matrimonio dei loro genitori, tornati insieme dopo una lunga crisi che ha inciso profondamente nell’anima di Sandro e Anna. “Gli unici lacci che per i nostri genitori hanno contato sono quelli con cui si sono torturati reciprocamente per tutta la vita”.
Una donna spezzata, un marito e un padre che si sente in colpa, due quasi cinquantenni che sapranno come vendicarsi del danno subito, perché “una volta che hai agito in modo da ferire in profondità, in modo da uccidere o comunque sfregiare per sempre altri esseri umani, non devi fare passi indietro, ti devi assumere la responsabilità del crimine fino in fondo”. Un crimine non si commette a metà.
Se è vero che vi sono alcuni tipi di vincoli, anzi di lacci, che non si possono recidere, il bravo Starnone in questo romanzo diviso in tre capitoli, inserendo il coltello in una piaga sempre aperta, dimostra che quei lacci spesso sono pieni di nodi irrisolti. Aldo non ha mai dimenticato il suo vero, grande amore, la cui testimonianza visiva è stata nascosta tanti anni all’interno di un cubo blu, Vanda ha compreso da tempo che quando una cosa si è rotta non si può ricomporla, perché danneggiata nelle sue fondamenta.
Tra le pagine del volume si evince la forza che ha l’istituto della famiglia, anche se “è una forza cattiva che ti costringe a vivere dentro una struttura malata. Resto dell’idea che, se si rompe una cosa, non bisogna incollare i cocci. Il perdono può arrivare, ma resta pura superficie: sotto coverà sempre una ferita purulenta. Per raccontare questa storia ero obbligato a partire dalla sofferenza della moglie” ha puntualizzato l’autore in una recente intervista. Sarà la routine a salvare tutto, quella stessa quotidianità che stava soffocando la vita di Aldo quando la sua vita aveva incrociato quella di Lidia. “Il dolore era sempre lì, non finiva mai”.
Domenico Starnone è nato a Napoli nel 1943. Ha fatto a lungo l’insegnante, è stato redattore nelle pagine culturali de Il Manifesto. Ha pubblicato romanzi e racconti incentrati sulla vita scolastica, editi da Feltrinelli, da cui sono stati tratti i film La scuola di Daniele Luchetti, Auguri professore di Riccardo Milani e la serie televisiva Fuori classe. Si è distaccato dai temi scolastici con libri come Il salto con le aste (1989, ET Scrittori 2012), Sogni d’oro, Eccessi di zelo e Denti da cui Gabriele Salvatores ha tratto l’omonimo film. Nel 2001 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Via Gemito, cui sono seguiti, sempre per Feltrinelli, Labilità (2005, Premio Castiglioncello) e Prima esecuzione (2007). Nel 2010 ha pubblicato per Minimum Fax Fare scene. Per Einaudi ha pubblicato Spavento (2009, Premio Comisso) e Autobiografia erotica di Aristide Gambia (2011).
Autore: Domenico Starnone
Titolo: Lacci
Editore: Einaudi
Pubblicazione: 2014
Prezzo: 17,50 Euro
Pagine: 138