Patricia si sveglia come ogni mattina in una casa di riposo, oggi è MC, come indica la cartella clinica appesa in fondo al letto. Molto confusa. Patricia è spesso molto confusa ultimamente, e non è solo colpa della malattia che le ruba i ricordi. Tutta la sua vita fino al 1949 è chiara e salda.
Ha passeggiato sulla spiaggia con suo padre e suo fratello, è stata evacuata durante la guerra, è stata ammessa a Oxford, quando la carenza di uomini aveva aperto le porte alle donne. Ha insegnato in un collegio femminile. Tutto chiaro e limpido.
E poi c’è stato Mark, il suo fidanzato epistolare che un giorno l’ha messa davanti a un bivio “Sposami ora o mai più”.
Le vite di Pat e di Tricia si dividono qui, in armadietto di pino dove è istallato il telefono anni ’30 da cui Patricia darà la sua risposta a Mark.
Tricia e Pat saranno così moglie devota di uomo terribile o compagna felice di un’altra donna, madre di quattro figli o di tre, donna alla scoperta del femminismo o ricercata scrittrice di viaggi, figlia di una madre amata o odiata.
Le vite di Patricia sono sorprendentemente diverse eppure si sfiorano. E non solo perché sono destinate entrambe a finire lì, in quella casa di riposo, ma perché l’indole di Patricia è in fondo sempre la stessa, e anche se le strade divergono il punto di arrivo e, a volte, lo stesso.
Tricia e Pat si trovano a vivere vite diverse in mondi diversi, dove la luna può essere un grande deposito d’armi o una base spaziale, e le esplosioni nucleari possono o meno infiammare l’Europa.
Le mie due vite non è facile da classificare, è sicuramente un romanzo ucronico, anche se la storia alternativa del nostro mondo resta sullo sfondo, come a rendere ancora più incompatibili le vite di Patricia, felice in un mondo in rovina, infelice in un mondo in pace.
Lo spettro della demenza senile resta sempre lì, a insinuarci il dubbio che possa essere tutto il frutto di una mente in declino.
Le mie due vite è scritto con una prosa semplice, si legge tutto d’un fiato, ha forse la pecca di puntare troppo in altro: raccontare due vite in trecento pagine non è semplice, soprattutto scrivendo in terza persona; così molte cose, e personaggi, restano sullo sfondo, corrono, o sono appena accennati. Ci sarebbe piaciuto sapere di più su questo marito meschino e vittima di se stesso, sul femminismo e la repressione.
Questo è comunque un ottimo romanzo, che ha proprio il contrasto tra repressione e libertà come maggior filo conduttore. La Walton si dimostra ancora una volta capace di creare un fantasy atipico, all’altezza dei suoi premi, che non deluderà i lettori.
Una nota: c’è tanta Italia in questo libro, soprattutto tanta Firenze, una curiosità che farà sorridere i lettori italiani.
Jo Walton (1964) è poetessa e scrittrice di libri fantasy e di fantascienza. Ha vinto numerosi premi, tra cui il John W. Campbell Award come Miglior nuovo talento, il World Fantasy Award, il Prometheus Award e il Mythopoeic Award. Con Un altro mondo (Gargoyle 2013) si è aggiudicata il Nebula Award e l’Hugo Award per il miglior romanzo.
Autore: Jo Walton
Titolo: Le mie due vite
Editore: Gargoyle
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo: 18 euro
Pagine: 320