Fonti principali: testimonianze dirette (specie dei pochi militari sopravvissuti, reduci più o meno noti), i diari di Goebbels, gli archivi delle SS… Materiale interessante per farsi un’idea della vecchia diffidenza dei tedeschi nel confronti degli italiani, faccenda che di questi tempi riaffiora, come tutti sanno, perché – è opinione corrente – la politica dei primi determinerebbe in qualche maniera non trascurabile le sorti dei secondi.
La ricerca di Paolo Emilio Petrillo, giornalista molto addentro alle questioni tedesche, porta il titolo Lacerazione/ Der Riss che dice bene il senso del volume. Ovviamente, lo strappo decisivo – che fu in realtà una crepa geologica – si consuma l’8 settembre 1943 (di cui peraltro la stragrande maggioranza degli italiani non sa granché). Ma si potrebbe risalire a decenni più lontani, a un altro tradimento, quello che fece schierare l’Italia contro i tedeschi nella Grande Guerra con un cambiamento di alleanza inatteso. E prima ancora, alle diffidenze di Bismarck. Rapporti complicati insomma, che vengono sviscerati nel libro di Petrillo sottolineando come però, per ragioni storico-politiche serissime, il “discorso” dei tedeschi su di noi (8 settembre compreso – con accenti diversi, ovviamente, nella DDR) sia stato più materia “informale” dell’opinione pubblica che presa di posizione “ufficiale” delle istituzioni e della ricerca storica. Il perché si diceva è ovvio: la Germania ha dovuto pagare per mezzo secolo la colpa immane del delirio nazista e della guerra standosene sostanzialmente in silenzio. Prima che la Wermacht e l’Armata italiana capitolassero nella sciagurata offensiva in Russia, la stessa inclinazione al bon vivre, l’indolenza, l’essere figli di una natura benevola che segna(va)no l’italiano, venivano ammorbiditi dalla propaganda tedesca – cui l’alleanza faceva ancora comodo, nonostante, secondo altre testimonianze, da molti soldati tedeschi la presenza o meno degli italiani fosse considerata indifferente, tala l’inconsistenza militare – come “difetti” perdonabili; le colpe di un’eventuale e prossima disfatta andavano addossati caso mai alle gerarchie militari più che ai singoli soldati. La disfatta sul Don e la fuga dei soldati italiani, in un certo senso anticipava il Proclama Badoglio. Il destino dell’immagine Italiana agli occhi dei tedeschi prendeva stabilmente la forma che sostanzialmente è rimasta tuttora: un bel posto per andare in vacanza, ma inaffidabile (e chi se la sente di dargli torto?). C’è un periodo, una sorta di parentesi – anche quella, più diffusa fra i vertici che fra le masse – in questa distanza. Anzi, quasi un ribaltamento: l’ascesa di Mussolini sembrò notoriamente a Hitler (che per questo motivo invitava i nazionalisti tedeschi a mettere in secondo piano le vicende del Sud Tirolo) una storia da ammirare e possibilmente imitare. Cosa che gli riuscì fin troppo bene, anche perché l’attenzione verso il cosiddetto duce (per il corporativismo per esempio, per la liquidazione del pericolo bolscevico), era condivisa con la Germania più conservatrice (e cattolica), nemica acerrima di Weimar.
Il libro questa vicenda la ricostruisce attraverso il suo sviluppo cronologico e una narrazione efficace.
LACERAZIONE / DER RISS
La Lepre Edizioni,
2014
pagine 315
euro 20,00