“Ho fatto come il fiume: ho seguito il mio letto”. Memorie di un farmacista è il sottotitolo del libro Lungo l’argine del tempo di Giuseppe Sgarbi (Skira 2014), nel quale l’autore ultranovantenne rievoca la propria vita che “non sarà stata un’Odissea, ma è stato comunque un bel viaggio”. Anche se la memoria va e viene “come la luce delle stelle in una notte velata dalle nubi”, le costellazioni dei ricordi riaffiorano, intense come non mai. Nato nel 1921 in Polesine terra paludosa ma antica e nobile al confine tra Veneto ed Emilia, Sgarbi era venuto al mondo in una grande casa di pietra rossiccia composta di venti stanze, vicina al mulino “il primo che, per girare le macine, sfruttasse l’elettricità e non l’acqua del fiume”. In casa “eravamo otto”: il padre Vittorio “alto, bello, impeccabile” che gestiva il mulino, la madre Clementina “di una bellezza che incantava”, “io, Giuseppe, detto Nino”, le sorelle Angiolina, Lidia e Nelly, la nonna paterna Angela, “un granatiere di quasi un metro e novanta” e la zia Eliduina, sorella di Vittorio, vedova, che aiutava il fratello nella gestione del mulino.
“Leggo da quando ero bambino”, ovunque, in cucina, in giardino e tra le macine del mulino, Nino apriva un libro immergendosi nella bellezza che scaturiva da quelle pagine, sedotto da storie immortali come I miserabili di Victor Hugo. “Ero ad Ancona nella casa degli zii, eppure mi sembrava di trovarmi a vagabondare per le strade dei quartieri più malfamati di Parigi, insieme a Jean Valjean, inseguito dall’implacabile Javert”, o dal fascino di una poesia, “È la poesia che ci mostra i nostri pensieri e ci insegna a pensare”. Il paese più vicino era Stienta in provincia di Rovigo “una croce di strade, una piazza e un campanile sulla riva sinistra del Po”, dove Nino aveva frequentato le scuole elementari. In sella alla sua bicicletta Olympia, il ragazzino andava dappertutto: lungo il Po “ho sempre amato la poesia e amo il fiume, perché il fiume è poesia. E come la poesia dà la vita”, salendo e scendendo a forte velocità lungo gli argini, nei paesi vicini e a Ferrara, “era lei la nostra Parigi”, irrinunciabile meta delle fughe insieme agli amici. Puntare a sud e attraversare il Po significava oltrepassare il confine per ritrovarsi “in una terra libera e complice che ci avrebbe accolti, nascosti e resi prima adolescenti e poi uomini”.
Lungo l’argine del tempo, dedicato “a mia moglie Rina, che amo ora come allora”, ha vinto il Premio Bancarella Opera Prima. Nella sua piena maturità, Giuseppe Sgarbi, padre “dello storico dell’arte più noto d’Italia” e “del direttore editoriale di una delle case editrici più importanti del Paese”, si scopre grande narratore dalla forza evocativa sorprendente. Farmacista dal dopoguerra a Ro Ferrarese, appassionato cacciatore e pescatore, da sempre innamorato della moglie Caterina con la quale vive da quasi sessantaquattro anni “quando apparve la Rina improvvisamente cambiò tutto: il cuore aveva trovato la sua casa”, Giuseppe ha avuto sempre come stella polare i libri avvicinandosi al piacere della lettura da solo. “I libri mi hanno sempre attirato. Un amore istintivo. Amo prima di tutto la scrittura e poi la storia che la scrittura racconta”. Scorre come un fiume la storia personale di un uomo e insieme quella di una nazione con le sue vittorie e le sue sconfitte: il fascismo, “gli studi fuori casa fin da piccolo”, la II Guerra Mondiale, “la Grecia e l’Albania”, l’università e la laurea, il dopoguerra, la ricostruzione e l’alluvione del Polesine del novembre del 1951, che aveva devastato “ciò che amavo di più: la mia terra”. Come scrive il figlio Vittorio questo bel memoir è la risposta ai “versi minacciosi” dell’esergo di Viaggio al termine della notte “dell’amatissimo Céline”: “La nostra vita è un viaggio nell’inverno e nella notte, noi cerchiamo la strada in un cielo nel quale non c’è luce”.
Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio ed Elisabetta, per quasi mezzo secolo ha esercitato la professione di farmacista nella campagna tra Veneto ed Emilia. Al termine del volume vi sono due interventi di Vittorio “Soltanto ora, dopo quarant’anni, scopro il padre che non conoscevo e della cui storia non ero stato, se non episodicamente, curioso, per troppa diversità di carattere” ed Elisabetta Sgarbi “La lettura di Lungo l’argine del tempo è stata come entrare in un tunnel di interminabili specchi, in cui mi sono vista sbalzata e moltiplicata nella vita di mio padre”.
Autore: Giuseppe Sgarbi
Titolo: Lungo l’argine del tempo. Memorie di un farmacista
Editore: Skira
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo: 15,00
Pagine: 168