Cinque ragazzine si riuniscono a casa della Polacca. Finalmente una di loro è riuscita a racimolare i soldi per comprare l’ultimo fascicolo de Il mondo dell’Occulto, in allegato una tavola ouija. Immerse nel fumo delle sigarette nessuna di loro tocca il bicchiere, eppure il bicchiere si muove, mettendole in comunicazione con spiriti a volte bugiardi, a volte cattivi. Ma quando di nuovo le ragazze si riuniscono Julia non vuole cercare uno spirito qualunque, cerca i suoi genitori, nessuno ne parla volentieri ma tutti sanno che sono desaparecidos. Uno spirito arriva, eppure, a quanto pare, una di loro è di troppo.
C’è una ragazza della metro che ha volto e corpo ustionato, in una maschera che fa ribrezzo. Saluta i passeggeri con un bacio che fa rizzare i peli, chiede soldi, ma non per una chirurgia, per mangiare e dormire, e a tutti ripete il nome dell’uomo che l’ha ustionata. Lucila invece è una modella bellissima, finché anche il suo fidanzato non le butta addosso una bottiglia d’alcol e le dà fuoco. È l’inizio di un’epidemia. I roghi di donne divampano per tutto il paese, eppure non sono gli uomini ad appiccarli, sono le donne che hanno trovato un nuovo, terribile, strumento per rivendicare la propria libertà.
Mechi lavora ai servizi comunali, se ne sta ore seduta in ufficio a riordinare i fascicoli dei bambini scomparsi a Buenos Aires, unica compagnia il rumore dell’autostrada sopra di lei. Bambini rapiti dai genitori, adolescenti scappati per paura o rapiti e fatti a pezzi in qualche hotel.
Un giorno scompare Vanadis, prostituta giovane e bellissima, e improvvisamente l’ufficio si riempie di amici, ragazzi di strada, straccioni e diseredati, ma tutti interessati a Vanadis, incantati dal suo fascino. Finché un giorno Vanadis ricompare, sembra la stessa eppure qualcosa racconta il contrario. E insieme a lei, poco alla volta, tutti i bambini scomparsi ritornano.
Questi sono i temi di Quando parlavamo con i morti, raccolta di due racconti brevi e uno lungo uscita per Caravan Edizioni. Mariana Enriquez confeziona tre racconti perfetti, dove l’orrore è messo al servizio della denuncia sociale senza perdere la capacità di farci macinare una pagina dietro l’altra (dopo tutto è questo quello che deve fare un buon racconto horror).
Senza banalità e senza forzature la Enriquez usa la finzione per arrivare all’anima dell’orrore più vero: quello delle dittature, della violenza sulle donne e sui bambini, della povertà, e dell’indifferenza. E l’orrore è soprattutto un mezzo per andare al di là della retorica e delle statistiche, ci mette in contatto con le nostre vere paure, con le inquietudini e le colpe che nascondiamo dietro l’indifferenza verso i morti e verso la storia. Si possono definire tre storie di horror sociale, e proprio per questo fanno ancora più paura. Un libricino piccolo e prezioso, un raro esempio di ottima letteratura horror, con l’unico difetto di finire troppo presto. Assolutamente consigliato.
“I bambini cominciarono a lasciare i parchi. Se ne andavano in processione, nel cuore della notte, tra la nebbia: l’esodo avvenne in inverno. Camminavano al centro delle strade, come se non avessero paura delle macchine. La polizia, per precauzione o non sapendo che fare, bloccò il traffico nelle strade principali. Durò vari giorni.”
Mariana Enriquez (Buenos Aires, 1973) è giornalista e scrittrice. Collabora con «Radar», supplemento di «Pagina/12», e con le riviste «TXT», «La mano» e «El Guardian». Ha pubblicato Como desaparecer completamente (2004), Lospeligros de fumar en la cama (2009) e Alguien camina sobre tu tumba (2013). Predilige le atmosfere dark, ma se altrove ha sperimentato il genere horror (come in No entren al 14GB, antologia dedicata a Stephen King), nei tre racconti di Quando parlavamo con i morti la paura ha sempre connotati metafisici e metaforici, con richiami alla storia dell’Argentina e alla condizione della donna.
Autore: Mariana Enriquez
Titolo: Quando parlavamo con i morti
Editore: Caravan Edizioni
Anno di pubblicazione: 2014
Prezzo: 9,50 euro
Pagine: 112