Nel 1921, nell’immaginaria città di Bockburg, Baviera, arriva l’elettricità “ma gli Zemmgrund tengono spesso la luce spenta, non si fidano delle bollette, prediligono il chiarore rossiccio della lampada a petrolio. Nel buio della piccola stanza, l’umidità sale dal pavimento irregolare, ristagna a mezz’aria, sembra un animale notturno dal pelo folto, che si appiccica affamato ai muri, bagna i capelli aderenti alle federe dei cuscini ammuffiti”.
La Germania del primo dopoguerra, com’è noto, è una terra martoriata dal risentimento. Cupe diffidenze circolano come veleni e imputridiscono l’aria, ma i tedeschi, invece di piangersi addosso e deperire, cercano piuttosto capri espiatori sui quali riversare il loro malessere per “ricostruire”. Così Hans Hinner, il padre di Hilde, principale voce narrante della storia raccontata nel romanzo di Giorgio Falco, La gemella H (ma non è così semplice: fluidamente la voce scorre nel punto di vista di altri personaggi, e scivola fra i pronomi), non ha timore di sposare Maria, figlia di un invalido di guerra. Hinner è ambizioso; si è messo in testa una carriera di giornalista, sicché approfitta della prima occasione per trasformare il suo innocuo foglio di quartiere in un giornale che rifletta e amplifichi l’aria nuova. Di più: che contribuisca a crearla. Non è un mestiere innocuo, il suo. Chi sostiene il contrario, appunto, mente. La figlia Hilde – la gemella “sbagliata e cattiva”, la voce fuori tono nel contesto famigliare e nazionale destinato a un immane progetto politico – lo capisce presto.
Laddove la letteratura, quella buona, si configura per lo più come una riserva per pochi indiani, le parole dei media – nessuno lo sa meglio dei grandi dittatori – diventano fondamentali per le masse. Ci piaccia o meno, i giornali fabbricano il mondo. Hilde non racconta solo questo. Lei vede nella testa del padre e vede perciò come la sua ambizione sia tutt’uno con la ricerca del mero benessere materiale. Vede che il suo progetto funziona. La Mercedes, la villetta, una Opel, poi un’altra villetta ancora…
Se la narrativa ha bisogno di cose e oggetti, qui ve n’è in abbondanza. Ché il protagonista, più che la famiglia Hinner è ciò che attraverso di essa passa come spirito del tempo: la merce. Essa attraversa il secolo, dalle titubanze con cui la stessa figura di Hitler è nominata all’inizio (si legga l’intensa descrizione della cerimonia di battesimo delle due bimbe, quando gli esiti della tragica avventura nazista non sono ancora certi), passando per il suo dominio e la disfatta finale, attraverso una durissima linea di continuità che condurrà alla “democrazia” della seconda metà del xx secolo e i primi anni di quello presente. Per vie che dagli accidentali percorsi di famiglia (la malattia della madre di Hilde e Helga e il bisogno di aria salubre, le attività imprenditoriali di Hinner) e da forse più sostanziali “parentele” storiche (antropologiche?) finiscono in vari luoghi di villeggiatura italiani.
Un romanzo ambizioso questo di Falco – ma non al modo del padre delle gemelle: non sembra fatto per il grande successo di pubblico ma per ridare forza e densità di dettato alla scrittura – con qualche sbilanciamento e forzatura, non ultima quella della presentazione editoriale che tira in ballo i Buddenbrock (sic, con una sola o). Se la narrativa ha bisogno di cose, esse servono per dirci qualcosa in più, o meglio, sugli umani – un certo tipo, psicologico o storico per esempio, di umano. La tanto celebrata superficie degli oggetti qui non basta più a se stessa. La voce di Hilde è un tentativo risoluto di romperne la spessa ossessività e guardare dentro di noi.
Giorgio Falco è nato nel 1967. Pausa caffè, il suo libro d’esordio uscito per Sironi nel 2004, ha avuto una grande accoglienza critica. Per Einaudi Stile libero ha pubblicato L’ubicazione del bene (2009) e La gemella H(2014).
Autore: Giorgio Falco
Titolo: La gemella H
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Einaudi Stile Libero Big
Pagine: 351
Prezzo: 18,50 euro