Jo Walton è una robusta signora di cinquant’anni con la passione per gli strambi cappelli (almeno a giudicare dalle foto che circolano in rete) e per la letteratura fantasy e di fantascienza. Canadese di adozione ma dalle orgogliose e solide radici gallesi (parla il gallese come una seconda lingua) la Walton scrive dall’età di tredici anni e ha all’attivo (solo tra le cose pubblicate) nove romanzi e tre raccolte poetiche.
Lunga la lista dei premi: nel 2002 ha vinto il John W. Campbell Award come Best New Writer (Miglior nuovo talento), per il romanzo Tooth and Claw (inedito in Italia) si è aggiudicata il World Fantasy Award (2004) mentre per Among Others (Un altro mondo) è stata premiata con il Nebula Award e l’Hugo Award per il miglior romanzo. È autrice anche di una serie di romanzi, The King’s Peace (2000), The King’s name (2001) e The Prize in the Game (2002), ispirati al ciclo arturiano. Al momento però la sua unica opera tradotta in italiano è Among Others (Un altro mondo), uscita da poco per quelli della Gargoyle Books, e proprio su questa abbiamo avuto l’occasione di intervistarla. Per soddisfare altre curiosità si può visitare il sito della Walton (http://www.jowaltonbooks.com), ben fatto e completo, dove, oltre alle foto degli strambi cappelli e alle notizie sui suoi libri, potete trovare una biografia in versi e un nutrito numero di ricette.
“Allevata da una madre mezza matta che si diletta di magia, Morwenna Phelps trova rifugio in due mondi: tra gli spiriti che dimorano nei siti industriali abbandonati, nella sua città natale in Galles, e nei romanzi di fantascienza, suoi fedeli compagni, grazie ai quali la sua mente viaggia libera. Quando sua madre proverà a corrompere quegli spiriti per fini oscuri, la ragazza sarà costretta a confrontarsi con lei in una battaglia magica, che ucciderà la sua gemella e lascerà lei menomata. Fuggita in Inghilterra dal padre che conosce appena, Morwenna finisce in un collegio, dove, emarginata e sola, comincerà a dedicarsi alla magia a sua volta, in cerca di una cerchia di amici a lei più affini. Ma la sua magia attirerà anche l’attenzione della madre, trascinandola verso una resa dei conti che non può più essere rimandata…”
Nel romanzo la letteratura ha un ruolo molto importante. Che tipo di lettrice eri da ragazza? Quali letture condividevi con Mor?
Come lettrice ero molto simile a lei, vorace e ossessionata dalla fantascienza. Ho letto tutto quello che c’è nel libro, anche se non ho letto tutti quei libri nello stesso periodo in cui li legge Mor. A volte Mor legge qualcosa in un particolare momento per ragioni legate alla storia.
Il mondo magico dove si muove Mor è molto diverso da quello che si legge di solito nei fantasy contemporanei che sembrano dipendere molto dall’influenza di Tolkien. Anzi, se Tolkien aveva un approccio molto delicato alla magia i suoi imitatori hanno portato all’estremo l’aspetto “spettacolare” del fantasy. La magia nel mondo di Mor è molto legata alla comunicazione con la terra e con le creature della terra. Come hai creato questa tua idea di magia? È qualcosa che ti è sempre appartenuta o hai dovuto fare delle ricerche per trovarla?
Ho avuto l’idea quando stavo preparando patate e mi sono tagliata con il pelapatate. Ho pensato “Ora che ha assaggiato il sangue non si accontenterà mai più della buccia di patate!”. È da lì che ho estrapolato l’idea di un intero mondo di cose che sono connesse, arricchite dalla magia e modificate dall’uso che se ne fa e dalle connessioni. La cosa che mi piace veramente è che questo è così simile al modo delle persone di costruire un pensiero magico che potrebbe quasi essere vero. La magia è relativamente di basso profilo e integrata nel mondo, invece di essere spettacolare ed esterna a esso. E questo è l’unico modo in cui io potrei parlare di magia sentendomi a mio agio, come qualcosa di simile al mondo reale. La magia è una cosa così grande che potrebbe cambiare tutto se esistesse, non credo che potrebbe essere nascosta, a meno che non la si faccia funzionare in un modo molto diverso dal modo in cui la magia tende a funzionare nel fantasy.
La storia è ambientata tra il 1979 e il 1980, perché? Non sarebbe stato più facile ambientare la storia ai giorni nostri?
No, è stato molto più facile da ambientare quando io ero un adolescente. Anche perché internet è stato un punto totale di svolta, non credo che nessuno ora sia così isolato come lo è Mor nel libro. Oggi anche per le persone che vivono nelle piccole città è molto più facile trovare persone con interessi simili ai propri rispetto a quanto non lo fosse nel 1979.
Pensi che questa scelta possa rendere più difficile per i lettori adolescenti di oggi immedesimarsi in Mor?
Sì. Non è un libro per “young adult” e gli adolescenti non sono il suo pubblico principale. Se avessi scritto per loro lo avrei fatto diversamente. Ma sono contenta per le molte email che ho ricevuto da ragazzi che mi hanno detto che sono riuscita a entrare in comunicazione con loro.
Leggendo il romanzo mi è più volte tornato alla mente un film di Guillermo del Toro, “Il labirinto del fauno”. In questo film la protagonista vive in un mondo magico e fino alla fine non si capisce se questo mondo esiste davvero o se è solo una sua invenzione per sopravvivere alle angherie della vita quotidiana. Proprio perché la magia di cui fa uso Mor è molto soffusa a volte ho avuto l’impressione che questa potesse essere solo una sua invenzione per aiutarsi a vivere in un mondo che chiaramente non è facile per lei. Questa ambiguità è voluta?
Sì. La mia intenzione era di risolvere il dubbio in favore della realtà della magia nel momento in cui Wim vede le fate, ma ho anche cercato di fare in modo che il tutto potesse essere negato in modo plausibile. Non è dimostrabile. Ma lei non ne dubita – come potrebbe?
Nel romanzo il rapporto con i genitori e la famiglia è al centro di tutto. Mor ha perso una sorella, ha dovuto scontrarsi con sua madre e il padre si rivela un uomo allo stesso tempo gentile e ambiguo (penso al momento in cui cerca di infilarsi ubriaco nel suo letto). In questo senso credo il romanzo sia un romanzo ricco di simbolismi che parlano del passaggio all’età adulta. Mor combatte un duello mortale con la propria madre nel quale perde la cosa più preziosa che ha, sua sorella, perché hai deciso di estremizzare in modo così forte il contrasto con i genitori?
Alcune persone hanno dei genitori terribili ma crescono comunque bene. Ci sono alcuni aspetti del rapporto con i genitori sui quali si può scrivere, ma devono essere la cosa centrale, qualcosa di importante, e sono questi aspetti che danno vita a un personaggio malvagio – la realtà è molto più conflittuale, e le cose brutte che possono accadere non sono in realtà la cosa peggiore al mondo. Ho pensato che sarebbe stato interessante lavorare su questo. Sua madre è il male, e la cosa peggiore al mondo è la perdita della sorella. Mor deve far fronte a quello che viene dopo.
Il fantasy è un genere di letteratura che spesso parla proprio di dinamiche adolescenziali, di crescita e riscatto, dandogli una cornice fantastica e metaforica. Non pensi che così ci sia il rischio che il fantasy rimanga un genere ghettizzato. Quali romanzi fantasy vorresti consigliare a un pubblico più adulto? E quali sono, secondo la tua opinione, i libri fantasy più significativi usciti negli ultimi anni?
Penso che il fantasy si occupi spesso del passaggio da un’età all’altra perché ha una forma che funziona bene con questo tipo di storie, e anche perché è qualcosa che tutti hanno vissuto o sono in procinto di vivere. È qualcosa che interessa tutti perché l’abbiamo fatto o desideriamo farlo. È lo stesso con il romanticismo, credo. Altri temi umani veramente importanti come la morte e la vecchiaia sono più difficili perché non li abbiamo ancora sperimentati.
È difficile dare un giudizio su qualcosa di “significativo” quando si sta parlando di questi ultimi anni, perché è difficile dire cosa avrà un’influenza quando ci sei vicino. È facile dire quello che ho apprezzato molto, ma molto più difficile dire che cosa sarà significativo. Potrebbe essere significativa la tendenza al fantasy dark e cupo, che arriva da Martin, Lynch, Abercrombie, Monette ed Erickson. Non mi piace molto questa tendenza – mi piacciono alcuni di questi libri, ma non è una direzione che seguo. Mi viene in mente “Jonathan Strange & il signor Norrell” di Susanna Clarke, è un libro importante che avrà un grande effetto sul genere. Mi piace molto il lavoro di Daniel Abraham e mi piacerebbe che avesse un’influenza perché sta facendo qualcosa di veramente interessante e diverso, soprattutto con la serie “The Long Price Quartet”. Quest’anno ho apprezzato molto “A Stranger in Olondria” di Sofia Samatar.”
Jo Walton (1964) è poetessa e scrittrice di libri fantasy e di fantascienza. Ha vinto numerosi premi, tra cui il John W. Campbell Award come Miglior nuovo talento, il World Fantasy Award, il Prometheus Award e il Mythopoeic Award. Con Un altro mondo si è aggiudicata il Nebula Award e l’Hugo Award per il miglior romanzo.
Fra i suoi romanzi: The King’s Peace (2000), The King’s name (2001) e The Prize in the Game (2002) tutti ambientati nello stesso mondo ispirato al ciclo arturiano, Tooth and Claw (2003), Farthing (2006), Ha’Penny (2007) e Half a Crown (2008), trilogia di storia alternativa, Lifelode (2009).
Autore: Jo Walton
Titolo: Un altro mondo
Editore: Gargoyle Books
Anno di pubblicazione: 2013
Prezzo: 18 euro
Pagine: 344