Il prolifico Tzvetan Todorov, studioso di lungo corso che dagli esordi strutturalisti e letterari ha allargato nei decenni i suoi interessi ad ambiti storico-sociali, autore di studi e riflessioni di diseguale incisività, ha scritto ora un denso saggio su Goya appena tradotto da Garzanti.
Quella che esibisce dalle prime pagine è una lettura del pittore spagnolo le cui opere non valgono come mere tracce di un’esperienza artistico-formale ma quale manifestazione globale di un pensiero, di una visione del mondo che riguarda il destino umano in un’accezione sia individuale che – non troppo lateralmente -politica.
L’indagine tecnica (Todorov non è uno specialista) è scortata da una certa attenzione ai dati biografici più rilevanti, per evincerne, grazie anche alla lettura di vari scritti, le trasformazioni successive alla misteriosa malattia contratta da Goya nel 1792 in Andalusia – evento ad avviso di Todorov (ma non è una novità ermeneutica) decisivo. Di lì difatti principia la sordità del pittore, sordità alla base di un viaggio agli inferi che si tradurrà in straordinaria mutazione creativa. Se fino a quel momento infatti Goya si era accontentato del plauso degli accademici e di una posizione prestigiosa come pittore di corte, da allora in avanti cambia tutto. E lì, per Todorov, inizia la storia di un genio (e la storia dell’arte moderna).
Goya riflette in maniera sempre più intensa non solo sulla propria ma sull’arte in generale quale strumento di conoscenza della vita umana; ne fa l’espressione dei propri rovelli intellettuali, e, non ultimo, il proprio modo di interrogare la storia che gli passa sotto gli occhi. Il suo illuminismo si fa problematico. Si accentua l’interesse già timidamente palesato verso zone marginali della società prima scarsamente frequentate dalla pittura. Infermi, folli, carcerati, “streghe”, criminali e abietti di varia risma (“the wild side of life” insomma) popolano sempre più quadri e incisioni. I tratti si fanno via via più grotteschi, cupi, deformi, brutali.
L’angoscia della morte filtra ovunque come un rimosso della cultura illuministica cui pure Goya non cessa di essere vicino. Da un lato si fa strada il pittore secondo il quale “bisogna consentire a ognuno di seguire l’inclinazione che gli detta l’animo suo”, il pittore che (e qui è Todorov che scrive) “deve mostrare non il mondo così com’è, ma la visione personale che egli ne ha”, dall’altro – ma in maniera coesa – emerge il “pensatore” che della pretese razionalistiche del ‘700 scorge anche i limiti.
Ne sono un esempio le incisioni “I disastri della guerra”, che decifrano il paradosso della violenza napoleonica perpetrata col sigillo rivoluzionario. Le immagini sanguinarie raccontano anche la reazione degli spagnoli. Todorov ricorda come Goya non parteggi per nessuno dei due. E lascia intravedere quella che probabilmente sente come un’idealità affine alla propria: una vocazione sostanzialmente illuminista ma contrassegnata dal rifiuto di ideologie esaustive e troppo sicure di sé.
Tzvetan Todorov, nato a Sofia, in Bulgaria, nel 1939, vive in Francia dall’inizio degli anni Sessanta. Trai suoi titoli (Garzanti) La letteratura fantastica (1970), Teorie del simbolo (1984), Di fronte all’estremo (1992), Una tragedia vissuta (1995), Il nuovo disordine mondiale (2003), Lo spirito dell’illuminismo (2007), La letteratura in pericolo (2008), La paura dei barbari (2009), La bellezza salver il mondo (2010) e Gli altri vivono in noi, e noi viviamo in loro (2011).
Autore: Tzvetan Todorov
Titolo: GOYA
Editore: Garzanti
Traduzione dal francese di Emanuele Lana
42 illustrazioni in bianco e nero e 24 illustrazioni a colori
Pagine: 304
Prezzo: 29 euro