La letteratura nazista in America (Adelphi, 2013) non è un manuale né un dizionario enciclopedico sugli argomenti richiamati nel titolo. Chi conosce pur sommariamente lo scrittore cileno se lo immagina benissimo. A meno di non pensare il libro – lo ricorda qualsiasi recensore – come un’invenzione borgesiana.
Peraltro, una letteratura propriamente nazista latita, e l’America è quasi esclusivamente quella latina che quanto a dittature “reali” non ha da imparare niente da nessuno. Dal Messico all’Argentina il campionario di figure che Bolaño allestisce davanti al lettore fosse vero sarebbe esilarante. Ma mica impossibile.
Bolaño sa come pochi di quali paturnie e manie e turbe sia fatta la vita di uno scrittore, specie di quelli a ragione o a torto laterali, marginali, eccentrici. Ne ha fatto a sua volta uno dei propri assilli in quasi tutto ciò che ha scritto (pur parlando d’altro). Al solito – costituisce uno degli elementi di fascino della sua opera, non necessariamente il più interessante ma in un testo minore come questo la cosa ha un suo peso – la compulsiva necessità di scrivere (in un autore che diceva di considerare più importante leggere) contrasta con il tono apparentemente distaccato col quale squaderna un immaginario ma non implausibile censimento di scrittori assai curiosi: un universo talvolta comico altre melodrammatico o beffardamente tragico.
Dal trittico dei Mendiluce (che varrebbe come ottimo materiale per un grande romanzo insieme grottesco e corale, di quelle storie di famiglia che sono anche storia di un paese – in questo caso l’Argentina) – al poeta “maledetto” (ma la direi un’antifrasi) Pedro González Garrera, cileno sfigatissimo e inetto quanto coriaceo nei suoi sogni di gloria. Dagli antilluministi alle amazzoni viaggiatrici che delirano per il capo, a mercenari e poeti sempre sull’orlo di tramutarsi in assassini.
Con un tono – si diceva – sornionamente asettico in cui il comico s’insinua con keatoniana impassibilità, Bolaño crea un mondo troppo invitante per lui perché, pur virtuale, restasse in silenzio: l’intreccio fra letteratura e “male assoluto”. Come disse in un’intervista del 1988: “Il mondo dell’ultra destra è un mondo smisurato ed è interessante di per sé. Succede che io prendo il mondo dell’ultra destra, ma molte volte, in realtà, sto parlando della sinistra. Prendo l’immagine più facile per essere caricaturizzata per parlare di un’altra cosa. Quando parlo degli scrittori nazisti in America in realtà sto parlando del mondo a volte eroico, e molto più spesso canagliesco, della letteratura in generale”.
Che poi questi personaggi possano anche leggersi come mille potenziali Bolaño – eventualità inevase, capricci intrusi nella fantasia di un momento oppure ombre di un io latente benché mostruoso – scandalizzerebbe solo le comunelle “arternative”. Bolaño era troppo scrittore per spaventarsi – per censurarsi – di fronte all’evidenza che un uomo buono non è perciò stesso un poeta o viceversa, anzi. Con quel che segue.
Roberto Bolaño, scrittore cileno 1953 – 2003. Fra i suoi titoli, dapprima tradotti in italiano soprattutto da Sellerio , ora da Adelphi, ricordiamo 2666, Stella distante, Chiamate telefoniche, I detective selvaggi, Notturno cileno, Puttane assassine, Un romanzetto canaglia, Il gaucho insostenibile
Autore Roberto Bolaño
Titolo La letteratura nazista in America
Traduzione Maria Nicola
Editore Adelphi
Anno 2013
Pagine 250
Euro 19