Da quando è entrata a far parte della squadra omicidi, cinque mesi prima, Alice Madison, la protagonista del romanzo d’esordio della Gianbanco, Il dono del buio ( Nord 2013) ha atteso che qualcuno gliene chiedesse le ragioni: quando questo finalmente avviene, la sola risposta che si sente dare è che non vorrebbe essere altrove.
In realtà i veri motivi della vocazione la detective principiante deve ancora scoprirli e per farlo è costretta a esplorare in sé e fuori di sé la forza distruttiva del male: il suo apprendistato inizia nella villetta di un quartiere residenziale di Seattle di fronte allo spettacolo straziante dei cadaveri di James Sinclair e della sua famiglia.
La prima prova da superare consiste nel non distogliere lo sguardo e non lasciarsi sopraffare dalle emozioni. E un’emotività trattenuta è ciò che da quel momento caratterizza Alice in tutti i passi che la portano sulla strada della verità. Ma cosa la guida? Il sentire cadere da qualche parte nella sua mente un sassolino tondo nell’acqua, ovvero l’istinto del cacciatore dei tempi andati, la coscienza che la logica alla Sherlock Holmes è un arma spuntata contro l’imprevedibilità demoniaca dei mostri: i poliziotti come Alice non sono chiamati a risolvere il rebus di un delitto in una stanza chiusa.
La sfida non è a tavolino, non si tratta mai di un gioco d’intelligenza: fin dalle prime pagine del romanzo l’identikit del serial killer non è un mistero, la follia lascia tracce non equivocabili, impossibile piuttosto è riconoscerlo fra i volti anonimi della folla e neutralizzarne la carica devastante. L’eroe giustiziere lo può sconfiggere solo oltrepassando la soglia che divide il territorio del bene da quello del male. E per Alice questo significa essere tutt’uno con il carnefice, percepirne la presenza e instaurare un ambiguo rapporto di complicità con coloro che vengono dalle tenebre.
Non a caso è stata paragonata alla Clarice Starling de “ Il silenzio degli innocenti”. La paradossale empatia con il crimine è dunque il filo che consente alla protagonista di non perdersi nel labirinto e di tracciare i nessi mai lineari fra eventi lontani nel tempo quali il rapimento di tre ragazzini avvenuto venticinque anni prima e la leggenda di un pluriomicida inafferrabile. A pedinare l’eroina all’interno delle gallerie tortuose del dedalo è l’immaginazione visiva dell’autrice, che si è ispirata alla sua esperienza nel cinematografo.
Il dono del buio nella sua studiata scarnificazione è pertanto un ritorno alle origini pure del genere, che rivivono spesso negli action movie sugli schermi. Il lettore non viene infatti distratto da pause liriche, i tratti della personalità dei protagonisti sono piuttosto sfumati, ridotte all’indispensabile le loro biografie e anche la visione del mondo che li muove è di un’essenzialità elementare: la giustizia oltraggiata va ristabilita per poter contemplare l’azzurro del cielo. Occorre forse aggiungere altre ragioni, ammesso che ve ne siano?
Valentina M. Giambanco, nata e vissuta in Italia fino al conseguimento della maturità e poi trasferitasi in Inghilterra. Qui, dopo una laurea in Inglese e in Teatro ha lavorato nel campo del montaggio cinematografico ( “Donnie Brasco” “Quattro matrimoni e un funerale”) inanellando illustri collaborazioni e alimentando la sua innata passione per le storie e per la loro costruzione narrativa. “Il dono del buio” è il suo esordio nella narrativa.
Autore: Valentina Gianbanco
Titolo: Il dono del buio
Traduzione: Arduino Giovanni
Editore: Nord
Anno di pubblicazione: 2013
Pagine: 476
Prezzo: 18,60 euro
*articolo di Augusto Leone