Il primo libro per adulti di Beatrice Masini, affermata autrice per bambini e ragazzi, giornalista, editor e traduttrice – sue sono le versioni italiane di alcuni romanzi della saga di Harry Potter – rappresenta senza alcun dubbio una riuscita prova letteraria. Incuriosisce il titolo, Tentativi di botanica degli affetti, ed appassiona una trama che, pur narrando una storia di finzione, risulta ricca di rimandi geografici, storici e letterari. Aprile 18**. Rimasta orfana, Bianca Pietra, lascia la casa dove ha vissuto una vita libera e felice sul lago di Garda, per accettare la proposta di don Titta, un eccentrico quanto famoso poeta milanese: nella villa di campagna a Brusuglio, dove la famiglia sta trascorrendo i mesi estivi, la giovane, acquarellista di grande talento, dovrà riprodurre le innumerevoli specie di piante e di fiori che il padrone di casa, appassionato di botanica e di agricoltura sperimentale, ha piantato nel suo giardino.
Curiosa, intelligente ed attenta osservatrice, Bianca tenta di applicare alle persone quegli stessi principi sui quali si fonda la scienza botanica: “Bianca in questo ha la foga del dilettante, e anche lo spirito: prova un immenso, inesausto piacere nella classificazione sistematica di inclinazioni e sentimenti altrui. Difficile dire se ciò le discenda dall’abitudine a considerare la vita vegetale nel suo ordine complesso, a sentirsi rassicurata dalle divisioni in famiglie e sottofamiglie che rendono tutto evidente all’occhio, o se sia invece un capriccio dell’età, un vezzo di fanciulla che crede di saperla lunga sul mondo e invece non sa nemmeno riconoscersi allo specchio. Fatto sta che la botanica degli affetti è la scienza inesatta che le è più cara al momento. Forse un giorno tutto questo passerà, superato e inghiottito da passioni di prima mano; ma ora dà un ritmo e un senso alle sue giornate. Preoccupante, certo, e non senza conseguenze; se solo Bianca si conoscesse abbastanza da preoccuparsi”.
E fra vari i soggetti ai quali può applicare questa “scienza inesatta” – il padrone di casa, la madre, donna Clara, la moglie, donna Julie, i bambini, l’istitutore inglese, la bambinaia, il personale che si occupa della casa o gli ospiti… – l’interesse di Bianca si concentra su Pia, una servetta orfana, dall’aria molto sveglia, che sembra avere un ruolo privilegiato rispetto alle altre. Tanto basta a convincerla ad indagare sulla sua origine, per scoprire il segreto che – è sicura – tutta la famiglia sta nascondendo.
Solo sfiorata dal dubbio, infastidita da un pensiero come da una cimice ai primi freddi, Bianca è convinta di essere nel giusto, di agire per il bene altrui, così che Pia avrà il giusto beneficio e verrà “restaurata nei suoi diritti”. Si reca così presso Santa Caterina, alla Ruota dove venivano abbandonati figli illegittimi o che la povertà impediva di mantenere, decisa a scoprire l’identità della madre della ragazzina e, di conseguenza, la conferma di quella del padre.
Non ha però messo in conto che Pia non vuole sapere: è felice con quello che ha, che è più di quanto hanno molte altre bambine, battute, sole e ignoranti.
E, soprattutto, non ha messo in conto che la tragedia può nascondersi dietro l’angolo: “E’ così facile, credere di sapere tutto: sentirsi in punta di piedi in cima al mondo: e poi la bolla esplode, non era il mondo, era un’illusione saponata piena di colori belli e falsi; e si cade giù”. Così, cambia ogni prospettiva, vengono a mancare tutte le certezze e non sembra esserci logica nei disegni del destino: sono scarabocchi ai margini del foglio, macchie d’inchiostro colato dalla penna per goffaggine, imperizia, errore o anche solo per caso.
Rimane solo la rabbia, la pena per sé e la solitudine.
È da sottolineare, innanzitutto, la capacità dell’autrice nel tratteggiare sapientemente i tutti suoi personaggi. Così come a Bianca bastano pochi tratti di pennello o di carboncino per delineare l’essenza stessa di un fiore o di una pianta, allo stesso modo la Masini è in grado, con poche parole di descrivere l’individualità di una persona: “La donna anziana, nera tutta, un grosso insetto corazzato di seta lucida con gli occhi di biglia piantati in faccia e una bellezza che resiste, agganciata alle ossa degli zigomi; la signora giovane tutta bianca, il sorriso esile, gentile ma un po’ vago, come messo su in fretta a uso dell’ospite”. Tutto il mondo sembra ridursi a insetti, bambini, fiori. Insetti e bambini: “Pietro ha l’insistenza maligna di un calabrone, Enrico la mitezza molle di un bruco che non sa niente di sé se non la bocca, le bimbe sono microscopiche cavallette, verde, lilla, azzurro, tutte occhi, mai ferme. E Minna, perché in fondo è una bambina anche lei, sembra un giovane coleottero di quelli piccoli e cangianti che tanto detesta”.
Anche le scelte linguistiche e stilistiche dell’autrice sono coerenti con la materia trattata: il linguaggio elegante, attento al particolare ed aderente all’ambiente assume tratti scientifici nella descrizione della flora, si ingentilisce con qualche accenno di dialetto e si alterna alla parlata più schietta, semplice ed immediata dei personaggi minori – giovani serve, bambini, contadini…
Si è già accennato ai rimandi storici, geografici e letterari: in controluce, nella trama, si intravede l’ombra del grande Manzoni. La villa di Brusuglio, infatti, di proprietà dei Conti Imbonati, alla morte di Carlo venne lasciata per testamento a Giulia Beccaria che vi si stabilì, dopo il trasferimento da Parigi, con il figlio Alessandro Manzoni, alternandola come residenza, nei mesi invernali, con la proprietà di via Morone a Milano.
Ma è la stessa autrice a precisare in una nota finale che tutto è nato da una visita fatta più di dieci anni fa nell’archivio storico del Brefotrofio di Milano, dove riposano le tracce di tante vite riassunte nel linguaggio asciutto della burocrazia insieme a medagliette, immaginette, cuscinetti ricamati, crocefissi…, oggetti che permettevano ai genitori di reclamare i propri figli dopo qualche mese o qualche anno e che sono stati per Beatrice Masini come voci che volevano raccontare quello che sapevano.
Beatrice Masini è nata a Milano, dove vive e lavora. È traduttrice e si occupa di libri per bambini. Ama Londra, la campagna, i fiori. Le piace leggere, scrivere e nuotare. Ha una figlia che si chiama Emma e un figlio che si chiama Tommaso e che assomiglia molto al protagonista di questo libro. Nei Delfini trovi anche “Se è una bambina” e “Ciao, tu”, scritto a quattro mani con Roberto Piumini.
Autore: Beatrice Masini
Titolo: Tentativi di botanica degli affetti
Editore: Bompiani
Anno: 2013
Pagine: 336
Prezzo: 17,50 euro
*articolo di Lidia Gualdoni