Sommerso e precario di Paolo Odello (Stampa Alternativa) è il resoconto di un viaggio da infiltrato nel mondo nascosto dietro agli annunci di lavoro che chiedono “Cercasi apprendista. Max 20 anni. Indispensabile comprovata esperienza”. Contraddizione grottesca alla quale i più sono abituati, forse perché ormai è passato abbastanza (tanto?) tempo da quando se entravi in un’azienda potevi sperare di andarci in pensione e se eri un libero professionista lo eri per libera scelta.
La flessibilità è entrata prepotentemente nel mercato del lavoro italiano e quanto flessibili siano diventati i giovani, e meno giovani, italiani lo mostra l’iconica immagine di copertina, con il povero Chaplin che scivola tra gli ingranaggi. Si parte dalle agenzie interinali con le segretarie pronte a prodigare sorrisi, moduli e speranze di pronte assunzioni; agenzie stipate all’inverosimile di aspiranti operai, informatici, magazzinieri, cameriere e umanità varia. Con le vetrine tappezzate di annunci “urgenti”, un’urgenza che spesso ha l’amarezza di uno specchietto per le allodole. Ma può anche andarti bene e se entri nel giro del lavoro interinale si apre un mondo nuovo, fatto di colleghi che si azzannano per difendere almeno l’osso di un rinnovo, uno, due, tutta l’estate o forse addirittura sei mesi.
Poca roba se l’azienda ti fa aspettare anche per i tappi e le scarpe antinfortunistiche, se i pagamenti si fanno aspettare e se la pausa pranzo la si può anche passare a impilare casse. Può andarti ancora meglio, puoi essere un tutta-blu-a-data-di-scadenza in fabbrica, calcarti le cuffie sulla testa per sopportare il rumore delle presse, attenti alla lastra e poi via un’altra. Il cervello in poco tempo si riconfigura, rulla al ritmo della produzione, calcola la media oraria, i pezzi in più e quelli in meno, le quote da raggiungere. Tump, flop, pausa. Tump, flop, pausa. “Il canale giusto per un’assunzione a tempo indeterminato”, si dicono i più. Disponibilità di orario, di mezzo proprio, di turni, di ferie – questo è il mantra delle assunzioni – “Perché se uno ha voglia di lavorare…”, si sa insomma.
Non bisogna intristirsi di fronte alla realtà fotografata da Paolo Odello. È la realtà di un Paese molto simile a quello che hanno trovato i nostri nonni e molto lontano da quello che ci avevano promesso i nostri genitori. Mandata giù la delusione e messi nel cassetto gli sfavillanti anni ’80 ci si mette in moto per vivere (o almeno sopravvivere), con coraggio, con più dignità possibile. Molto poco “choosy” e molto più fantasisti del curriculum, equilibristi del giorno per giorno, artisti dell’improvvisazione, esperti dell’auto-riciclo. Quello che più intristisce non è il doversi reinventare a ciclo continuo, ma è la consapevolezza che insieme alla sicurezza dello stipendio ogni santo 27 del mese stiamo rinunciando, pezzo per pezzo, a quelle forme di tutela fisica e giuridica che hanno fatto del lavoro una vera forma di libertà. Mi riesce difficile pensare che torneremo ad aspettare serenamente lo stipendio del 27, ma spero però che tornino i tappi per le orecchie e i sindacati a fare paura ai governi.
Paolo Odello, 53 anni, giornalista, ha iniziato la professione nel 1998 come corrispondente dal Kossovo. Nello stesso periodo inizia a collaborare con “Il Manifesto” e il settimanale “Diario”. Attualmente scrive per “l’Unità”.
Autore: Paolo Odello
Titolo: Sommerso e precario
Editore: Stampa Alternativa
Pagine: 248
Prezzo: 13 euro
Anno di pubblicazione: 2013